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UN MONDO FATTO DI NATURA, COLORI, SUONI E BELLA GENTE: L’AMERICA LATINA

Il diabete in Sudamerica

L’America Latina è stata una delle esperienze più significative del mio giro del mondo in 1.000 giorni senza aerei. Già attraversando la dogana tra San Diego e Tijuana si iniziava a respirare un’aria nuova, diversa, frizzante.

Il Centro America prima e il Sudamerica poi, mi hanno accolto come se fossi uno di casa, con premura ed allegria. La musica per le strade ad ogni ora del giorno e della notte, gli artisti in strada, le danze, le feste paesane, i mercati cosi ricchi di colore, folklore e tradizioni. E poi quella natura forte che si manifesta prorompente nella catena andina oppure nei boschi della Patagonia, o ancora nella foresta amazzonica. Gli Oceani e quelle meravigliose coste in Nicaragua o quelle del Pacifico, in Brasile. In questo angolo di mondo ho trascorso quindici mesi, imparandone la lingua, tanti costumi e gesti. Come il mate argentino, quell’infuso di erbe della pampa che si beve con una cannuccia di metallo da recipienti ricavati in zucche. Anche a casa, spesso, mi concedo questo momento, quasi per me stesso.

Ho lavorato in quelle terre: ho fatto il videomaker, il cuoco, l’agricoltore, il muratore, il receptionista. Ho vissuto circa due mesi in tenda nel profondo sud del mondo, cibandomi spesso del pesce che pescavo nel lago o ruscello di fronte a me.

Ho percorso tutta la Carretera Austral in autostop e mi sono spaccato la schiena sui chicken bus del Guatemala.

Il Perito Moreno, Machu Picchu, le rovine di Tikal, la Ciudad Perdida, la laguna di Quilotoa, Il vulcano Acatenango, la Chapada Diamantina sono solo alcuni dei luoghi che ancora oggi solleticano la mia fantasia ogni qualvolta ci ripenso.

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Il modo migliore per cercare di capire il mondo è vederlo dal maggior numero di angolazioni possibili.

San juan del Sur - Nicaragua

Sono passati tre mesi da quando ho varcato la frontiera tra Stati Uniti e Messico a Tijuana.
Tre mesi in centro America alla scoperta di tante piccole realtà tanto simili e così diverse tra loro.
Scendendo a sud ho trovato sempre più umanità.

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In viaggio con il diabete tra Canada e Stati Uniti: una guerra quotidiana al cibo spazzatura...

death valley - USA

Lontani sono ormai i giorni trascorsi in Asia, dove quotidianamente mi imbattevo in odori, colori e cibi diversi sempre nuovi. Dopo dieci mesi avevo trovato il mio equilibrio, vegetariano tra l'altro, in una cucina estremamente varia. Il diabete 1 aveva reagito bene ed ero sempre riuscito a mantenerlo sotto controllo.
Poi è arrivata l'agognata Australia e quella sorta di "vacanza mentale" che mi ha portato a "dimenticarmi" del mio compagno di viaggio. Poco male poiché dopo poche settimane sono riuscito, grazie ai cibi perfettamente conosciuti, a riequilibrarmi anche in questo caso.

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Diversivo, distrazione, fantasia, cambiamenti di moda, di cibo, amore e paesaggio. Ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo.

Playa el Tunco

L'attraversamento delle frontiere porta con se in dote diversi cambiamenti.
La frontiera Guatemala-El Salvador non fa eccezione.
La attraverso nel pomeriggio.
Come al solito un fiume separa questi due mondi.

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La via più breve per giungere a se stessi gira intorno al mondo.

Lago Atitlan

E poi ci sono giorni anche un po' così.
Di quello che non ti va di alzarti dal letto. Di quello che fissi il monitor del computer, dovresti scrivere e invece niente, il nulla.
Guardi di fronte a te: un lago bellissimo, una natura lussureggiante, la giungla, le barche, le persone indaffarate nei propri giorni spesso tutti uguali.
I miei ultimi 500 non sono stati tutti uguali, anzi. Oserei dire che nemmeno uno era uguale all'altro.

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Bellezza e grazia si manifestano, che noi ce ne accorgiamo o no. Il minimo che possiamo fare è cercare di esserci.

Ho cominciato a sentir parlare del lago Atitlàn già nelle ultime settimane messicane.
È così, quando si viaggia si incrociano altri viaggiatori provenienti da direzioni opposte. Ci si scambiano informazioni e "dritte". Ero ancora ad Oaxaca e ad ciclista belga brillavano gli occhi a parlare di questa zona del Guatemala.

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Non temere di percorrere una lunga strada, se sei diretto verso coloro che hanno qualcosa da insegnarti

Guatemala

Appena varcato il confine tra Belize e Guatemala ho cominciato a vivere una storia parallela. Le case di cemento, erette a metà, con i tetti piani. Le macchine scassate e i bus colorati che si spostano a colpi di clacson. Le donne vestite con quei gonnelloni lunghi e i maglioncini colorati a mezze maniche. I signori, con quei pantaloni larghi, contadini con le mani sporche e callose, i loro cappelli come a segnare la propria individualità. E poi quel sorriso, tipico della gente semplice che ti accoglie e ti fa sentire a casa. Non la mia vera casa, no, in quella ora non c'è spazio per quei sorrisi: l'Italia non è più da troppi anni la terra del sorriso.

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Il pericolo del viaggio consiste nel lasciarsi aprire gli occhi e scoprire il mondo per quello che è

Playa escondida

Devo ammetterlo, la Baja California mi ha deluso e non poco.
Dove si era perso il Messico autentico? Dove potevo trovare colori e musica? Dove avrei smesso di vedere boutique e bar griffati USA? Non poteva bastare una natura di per sé spettacolare, necessitavo di più.
La risposta a queste mie domande è giunta pochi giorni dopo, al mio arrivo nel Messico continentale.

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Con il diabete nella terra dei canguri

Jervis Bay

Finalmente Australia! Dopo 275 giorni il traguardo tanto agognato, sognato e desiderato, ovvero riuscire ad arrivare agli antipodi dell’Italia senza aerei. Già di per se è stata un’impresa tra difficoltà burocratiche e viaggi improbabili come quello su una nave cargo da Hong Kong a Brisbane.
Inoltre il diabete 1. Il mio compagno di viaggio da una vita è stato un compagno ancora più presente in questa avventura.

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Con il diabete a spasso nel sud est asiatico

Hong Kong

L'India sembrava avermi inghiottito senza darmi alcuna possibilità di attraversarne le frontiere senza aerei. Ero anche rientrato in Nepal con l'idea di tornare sui miei passi in Tibet, ma in questo caso è stata l'ambasciata cinese a mettersi di traverso negandomi il visto singolo.
Mi restava una sola soluzione, l'incubo di ogni viaggiatore che stia attraversando il mondo via terra: la frontiera India-Birmania.
Una frontiera ufficialmente aperta, ma difficile da attraversare per la moltitudine di permessi richiesti al solo fine di poter accedere a quelle zone.

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Thai feel (street) food

involtini thai

A cura della Dr.ssa Alessandra Bosetti
Dietista Clinico
Clinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, Milano

BISOGNA MANGIARE CON GLI OCCHI….

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300 giorni con il diabete in giro per il mondo

tempio a Kathmandu

English Dall’Italia all’Australia. Senza aerei, ma con il diabete. Ho impiegato 275 giorni per attraversare tutta l’Asia, dalle Alpi all’Himalaya, passando per gli Urali. Ho attraversato steppe, deserti, praterie. Ho incontrato persone, culture e spiritualità diverse. Ho incontrato e vissuto soprattutto cibi e costumi completamente diversi da ciò che ero abituato. Ho cercato di arrivare nel sud est asiatico via mare, senza riuscirci. Sono riuscito tuttavia ad arrivarci attraverso una frontiera quasi impossibile da attraversare via terra, quella tra India e Birmania. Sono rimasto affascinato e stregato dal sub continente indiano a tal punto da dover poi rincorrere i giorni per arrivare dalla Thailandia ad Hong Kong, dove sarei salpato con la nave mercantile verso l’agognata Australia. Sono a poco più che un quarto del mio giro del mondo e colgo l’occasione dell’importante raggiungimento del traguardo australiano per trarre le prime importanti indicazioni sull’andamento della malattia. Lo faccio insieme al Dott.Genovese, responsabile dell’Unità Operativa di diabetologia, endocrinologia e malattie metaboliche IRCCS Multimedica di Milano, che fin dall’inizio segue questa mia avventura. Sui primi 100 giorni, dall’Italia al Nepal ne ho ampiamente parlato nel precedente articolo (clicca qui), indagando le difficoltà nel raggiungere certi equilibri alimentari dovuti allo stravolgimento della mia dieta. In India ho trascorso tre mesi e nell’ultimo ho potuto godere di un sistema di ultimissima generazione per il monitoraggio della glicemia Abbott Free Style Libre che si è rivelato utilissimo per la gestione delle curve glicemiche ed il relativo approccio. Grazie a Multimedica e grazie ad Abbott Italia ho potuto ricevere questo dispositivo ed i relativi sensori nelle sperdute isole Andamane, territorio indiano a pochi chilometri dalla Tailandia. Proprio qui il nuovo sensore è stato sottoposto alle condizioni più difficili in quanto le temperature erano molto calde e umide ed inoltre, da appassionato di subacquea, l’ho portato diverse volte a circa trenta metri di profondità. Il funzionamento si è rivelato egregio, così come la lettura dei dati. Nei primi giorni non nascondo una certa difficoltà dovuta alla discrepanza tra i valori presentati dall’Abbott Free Style Libre al glucometro tradizionale. Il primo fornisce infatti un valore tendenziale, con la relativa curva e soprattutto la movimentazione della glicemia, ovvero se è stabile, in rialzo o in ribasso. Il glucometro tradizionale fornisce un dato puntuale, senza indicazioni sull’andamento e pertanto può indurre ad azioni di correzione sbagliate. Questa la mia settimana alle isole Andamane, dove, complici le immersioni subacquee cercavo di mantenere una glicemia un po’ più alta soprattutto al mattino, quando mi immergevo. Ciò è facilmente visibile dall’alta variabilità intorno alle 10 del mattino. La dieta era molto sana e prevedeva una colazione a base di uova, pane tostato e frutta. Il pranzo solitamente era leggero e consisteva in tipici piatti indiani a base di legumi, curry e spezie. La sera, ho “tradito” la mia dieta vegetariana, concedendomi delle gran grigliate di pesce con riso e patate. Proprio il riso e le patate portavano aumenti della glicemia notturni, ma tutto sommato la mediana era buona e la variabilità dal 25° al 75° percentile contenuta. Dalle isole Andamane sono rientrato in India per circa una settimana di cui i primi cinque giorni passati su di una nave da Port Blair a Calcutta. Scarsissime erano le possibilità di movimento ed inoltre non si poteva scegliere il cibo che era il tipico indiano, ovvero riso a volontà e curry di legumi vari. Passato qualche giorno a Calcutta e Varanasi sono rientrato in Nepal, dove ad accogliermi un cielo finalmente limpido e meraviglioso, ma una temperatura molto più fredda. La prima settimana l’ho passata a letto con la febbre e ciò si è ripercosso negativamente soprattutto sulle glicemie notturne che spesso erano alte. Nel resto della giornata la variabilità si è ridotta tantissimo rispetto alle isole Andamane e questo perché sono tornato ad una vita e a cibi che conoscevo molto bene avendo trascorso gli ultimi 100 giorni della mia avventura proprio in questa zona del mondo. Ormai ne avevo assorbito gli usi e i costumi, anche in fatto di cibo. Ciò che non immaginavo era invece dover prolungare il mio ritorno in Nepal di oltre un mese, dovuto a problemi burocratici per risolvere il mio passaggio verso il sud est asiatico. Inizialmente avevo progettato di ripassare dal Tibet ed entrare nella penisola del Siam dal Laos, ma l’ambasciata cinese mi ha negato il visto via terra e così ho dovuto richiedere il visto per la Birmania e provare ad entrare attraverso la maledetta frontiera nel nord est indiano. È una frontiera infatti ufficialmente aperta, ma difficilissima da attraversare in quanto servono permessi speciali di difficile ottenimento. Non mi restavano altre alternative così nel frattempo sono tornato nel villaggio a due ore dalla capitale nella Kathmandu valley dove ho potuto riabbracciare i miei fratellini nepalesi, ovvero i ragazzi di cui già durante l’estate mi ero preso cura grazie all’orfanotrofio gestito dall’associazione no profit italiana Human Traction. Non immaginavo tuttavia che nel villaggio, complice la stagione secca invernale, non si trovasse altro che pomodori e patate oltre agli immancabili legumi. Ormai ero pratico della zona e così una volta a settimana andavo nella capitale a rifornirmi di pasta e poter così sopravvivere senza dover mangiare tutti i giorni il disgustoso Dal Bhat nepalese. In realtà l’abbondanza di pasta e di patate ha fatto schizzare verso l’alto i valori glicemici così come l’olio extra vergine, reintrodotto nella mia dieta grazie ad una volontaria dell’associazione che ne aveva portato due bottiglie dall’Italia. Se di giorno riuscivo a gestire bene la curva glicemica, lo stesso non si poteva dire della notte, dove le glicemie si alzavano costantemente. Il fatto è che consideravo quel periodo una breve pausa dal tipico cibo indo-nepalese e così mi sono concesso quantitativi troppo elevati. Il problema è che i problemi burocratici hanno esteso troppo a lunga queste pause. Finalmente i primi di dicembre riesco a ripartire, lasciandomi definitivamente il Nepal alle spalle e volgendo la mia rotta verso gli sconosciuti territori dell’India nord orientale. Dopo pochi giorni, in attesa del permesso per poter attraversare via terra la frontiera con la Birmania, trovo ospitalità in una fattoria nel Manipur, vicino ad Imphal. Il Manipur è uno stato indiano, ma ne rivendica l’autonomia. Il cibo è squisito, ma tuttavia, è completamente diverso da quello dell’India continentale ad eccezion fatta del riso. Sono ospite e pertanto è molto difficile riuscire a far comprendere che ogni giorno devo avanzare del riso per non compromettere le glicemie. Se da un lato il valore medio delle glicemie è più alto, ne guadagna la variabilità che è notevolmente ridotta. Evidenti sono tuttavia alcuni picchi, soprattutto notturni. Pochi giorni dopo essere riuscito ad attraversare la frontiera birmana una tragica notizia arriva dall’Italia e mi vedo costretto a rientrare anzitempo. Mio padre versa in condizioni critiche a causa di una improvvisa ed incurabile malattia ed in poche settimane non riuscirà a sopravvivere. Durante la mia permanenza forzata in Italia colgo l’occasione per svolgere una serie di esami del sangue onde poter valutare meglio l’andamento del Diabete negli ultimi otto mesi. Questi i risultati: Altezza: 184 cm Peso: 71 kg BMI: 20,97 Circonferenza vita: 82 cm Pressione Sistolica: 102 mmHg Pressione Diastolica: 70 mmHg Frequenza cardiaca: 72 bpm Glicemia a digiuno: 134mg/dl Emoglobina Glicata HbA1c: 7,2% Colesterolo: 140 mg/dl Colesterolo HDL : 39 mg/dl Trigliceridi post 12h digiuno: 105 mg/dl Colesterolo LDL : 80 mg/dl Creatinina: 0,73 mg/dl Microalbuminuria : 14,3 mg/l Attuali dosaggi insulina: Colazione Rapida 5 UI (ex 8 UI apr. 2014) Pranzo Rapida 6 UI (ex 8 UI apr. 2014) Cena Rapida 8 UI (ex 10 UI apr. 2014) Cena Basale 22 UI (ex 28 UI apr. 2014) In otto mesi ho perso circa 10 kg, l’emoglobina glicata è scesa di 0,4% e i dosaggi sono altresì diminuiti. Il compenso glicemico è apparso dunque buono, così come il controllo pressorio e i livelli di colesterolo LDL. Dopo neanche un mese in Italia trovo la forza di ripartire, esattamente da dove ero riuscito ad arrivare senza aerei, ovvero Bangkok e la Tailandia. I tempi sono strettissimi, in neanche un mese devo riuscire, senza aerei, ad attraversare tutto il sud est asiatico, ovvero la Tailandia, la Cambogia ed il Laos, rientrando in Cina per raggiungere Hong Kong dove sarebbe dovuto salpare la nave cargo che mi avrebbe portato in Australia. In Thailandia, Cambogia e Laos ritrovo le zuppe e i noodles, lasciandomi finalmente alle spalle il riso. Ho difficoltà a trovare cibo vegetariano, ma in compenso la curva glicemica torna ai valori migliori. In Cina, come sette mesi prima, il grandissimo problema è capire cosa si sta realmente mangiando, ma stavolta, avendo con me il dispositivo Abbott Freestyle Libre governare le glicemie e le eventuali correzioni è un gioco da ragazzi. In definitiva l’ultimo mese, complice il costante movimento fisico e l’abbandono di riso e patate, il diabete è tornato ai valori migliori. Quello che mi aspetterà ora è un continente che già conosco avendoci passato diversi mesi una decina di anni fa. Un paese in cui le materie prime sono eccezionali e non mancherà la varietà di cibo. Ma questa è già la nuova avventura... ************************ 300 DIABETES From Italy to Australia. Without flights but with diabetes. I took 275 days to cross the entire Asia, from the Alps to the Himalaya, passing through Urals. I crossed deserts, steppes, pastures. I met different people, cultures, spirituality. I met and lived food and costumes completely different from what I was used to. I tried to reach South East Asia through the sea with no success. I was able to get there crossing an almost impossible border to bypass by land, the one between India and Burma. I was so fascinated and enchanted by Indian subcontinent that I had to rush to go from Thailand to Hong Kong, where I should have set sail with the cargo to my craved Australia. I have accomplished now a little more than a quarter of my trip around the world and I use the occasion of this Australian goal to track the first important indications of the evolution of my pathology. I do it with Doctor Genovese, responsible of u.o. diabetes and metabolic pathologies IRCCS of Multimedica, Milan. He is following me since the beginning. I spoke a lot about the first 100 days, from Italy to Nepal, in the previous article (clicca qui), above all I spoke about the difficulty to maintain a balanced nutrition cause of the twisting of my lifestyle. I spent three months in India and during the last period I could use a last generation system to control glycaemia: Abbott Free Style Libre. It was so useful to keep track of my glycemic curves and its approach. Thanks to Multimedica Milan and to Abbott Italy I could receive this device and its detectors in the Andaman Islands, Indian territory a few km far from Thailand. Here, my new sensor was tested under extreme conditions because temperatures were really high and humidity was elevated and since I am passionate about scuba diving, I brought it 30 meters deep into the water. Functions were great and data reading also. During the first days, I don’t deny I was having difficulties cause of the discrepancies between values of the Abbott Free Style Libre and the one of the traditional glucometer. The first one gives a tendential value with the relative curve and above all the glycaemia moving, so if it’s stable, elevating or descending. Traditional glucometer gives a precise data without indications about trend and so it can lead to wrong correction actions. This was my week in Andaman Island where I tried to keep my glycaemia a little bit higher, above all in the morning, for the scuba diving. Diet was really healthy and it consisted in a rich breakfast with eggs, toasted bread and fruits. Lunch was light and consisted in typical Indian dishes curry, legumes and species based. In the evening I cheated on my vegetarian diet granting me grilled fish with rice and potatoes. Rice and potatoes caused me glycaemia rising up during the night but the median was good and the variability from the first to the third percentile was restrained. From Andaman Island I came back to India for two weeks whereof the first five days spent on a boat from Port Blair to Kolkata. Possibilities to move were really rare and you couldn’t chose the food that was typically Indian so a lot of rice and various kind of legumes and curry. I spent some days in Kolkata and Varanasi then I went back to Nepal where a clear and wonderful sky was waiting for me but temperature was really low. I spent the first week in bed with fever and my night glycaemia were high apparently without reason. During the rest of the day variability decreased a lot compared to Andaman Islands and this was because I came back to a well-known life and food after having spent the last 100 days of my adventure in this area of the world. I had absorbed customs and traditions, also concerning food. I didn’t imagine extending my Nepalese stay of more than a month after some bureaucratic issues to go to south East Asia. I had planned to cross Tibet again and get into Siam peninsula through Laos but Chinese embassy denied my visa so I had to ask for Burma visa and try to cross that damn border from North East India. It’s an officially open border but really hard to pass by because you need special permits really hard to obtain. I didn’t have other choices so, meanwhile, I went back to the village, two hours from Kathmandu Valley, where I could hug again my Nepalese little brothers which are the guys I had taken care of during the summer thanks to the orphanage of Human Traction association. I couldn’t imagine that in the village only tomatoes, legumes and potatoes were available cause of the dry winter season. I was practical of the area and so once a week I went to the capital to buy pasta and be able to survive without eating that disgusting Nepalese Dal Bhat every day. Actually, the profusion of pasta and potatoes made glycaemia rising up as extra virgin oil, reintroduced in my diet thanks to an Italian volunteer of the association who had brought two bottles from Italy. If I could manage the glycemic curve during the day, during the night glycaemia constantly raised up. The fact is I considered that period a brief break from typical Indo – Nepalese food and so I grant to myself excessive quantity. Bureaucratic issues prolonged this break for too long. Finally during the first days of December I was able to leave, leaving definitely behind Nepal, directing my attention toward the unknown northwestern territories. After few days, waiting for the permit to cross the Burmese border by land, I was hosted by a farm in Manipur, close to Imphal. Manipur is an Indian country but it seeks autonomy. Food is exquisite, however it’s completely different from western India’s one, except for rice. I’m a guest so it’s really hard to make them understand I have to leave some rice every day to keep my glycaemia balanced. On one side the average glycaemia value is higher but on the other side, variability is way reduced. Some pick, above all during the night, are evident. I just crossed the Burmese border but a tragic news came from Italy and I had to go back home. My dad was in a critical situation for a bad incurable sickness and he won’t be able to survive for more than few weeks. During my forced stay in Italy, I grab the chance to run some blood tests to evaluate the evolution of diabetes in the last 8 months. These are the results: Height: 184 cm Weight: 71 kg BMI: 20,97 Waistline: 82 cm Systolic pressure: 102 mmHg Diastolic pressure: 70 mmHg Cardiac frequency: 72 bpm Fast Glycaemia: 134 mg/dl Glycated hemoglobin HbA1c: 7,2% Cholesterol: 140 mg/dl Cholesterol HDL : 39 mg/dl Tryglicerid post 12h fast: 105 mg/dl Cholesterol LDL : 80 mg/dl Creatinine: 0,73 mg/dl Microalbuminuria : 14,3 mg/l Insulin current dosage: rapid breakfast 5 UI (ex 8 UI apr. 2014) Rapid lunch 6 UI (ex 8 UI apr. 2014) Rapid dinner 8 UI (ex 10 UI apr. 2014) Basal dinner 22 UI (ex 28 UI apr. 2014) I have lost 10 kg in 8 months, glycated hemoglobin decreased of a 0,4% and dosages too. Glycemic compensation was good as pressure control and LDL cholesterol levels. Neither after a month in Italy I find the strength to leave again, exactly from where I had arrived without flights, that is Bangkok and Thailand. Times are really short; I had to pass through South East Asia without flights in less than a month, so Thailand, Cambodia and Laos going back to China to reach Hong Kong where my cargo would have set sail to Australia. I found noodles and soups in Thailand, Cambodia and Laos, leaving rice behind me. I had difficulty in finding vegetarian food but my glycemic curve came back to better values. I had the same problem as seven months before in China because it was very difficult to understand what I was eating, but this time I had my Abbott Freestyle Libre with me to check my daily glycemic cures and to correct me was very easy. Ultimately my last month, thanks to physical activity and the abandon of rice and potatoes, diabetes came back to better values. What is waiting for me is a country I know since I had spent there some months ten years ago. A country where raw material are extraordinary and variety of food won’t be missing. But this is the new adventure already…

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Il frutto degli angeli…

Il frutto degli angeli…
A cura della Dr.ssa Alessandra BosettiDietista ClinicoClinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, MilanoLa papaya (Carica papaya)Si presenta come un piccolo albero poco ramificato a fusto alto sino a 5–10 m. Il tronco, anche negli esemplari maturi, ha una consistenza tenera, poco legnosa, e presenta cicatrici prodotte dalla crescita e caduta delle foglie superiori. La linfa è di consistenza lattea e tossica allo stato naturale per l'essere umano, potendo produrre irritazioni allergiche al contatto con la pelle.I frutti hanno una consistenza delicata e una forma oblunga e possono essere di color verde, giallo, arancio o rosa. Possono pesare fino a 9 kg. Per esigenze di commercializzazione nella maggior parte dei casi non devono pesare più di 500 o 600 g, specialmente nelle varietà di piante nane, molto produttive e destinate generalmente alla esportazione, per essere più trasportabili e durare di più dopo la raccolta fino al momento del loro consumo. La dimensione dei frutti diminuisce in funzione della età della pianta. I frutti e i fiori si trovano in grappoli subito sotto la inserzione dei piccioli delle foglie palmate. La pianta non è esigente in quanto ai suoli, potendo svilupparsi in qualunque terreno abbandonato o perfino in grandi vasi. È una delle piante più produttive in relazione alla sua dimensione perché fiorisce continuamente e ha sempre allo stesso tempo fiori e frutti. Lo sviluppo dei frutti causa la caduta delle foglie inferiori, quindi i frutti sono sempre allo scoperto rispetto alle foglie, esposti alla luce solare.La papaia è conosciuta come frutta da consumo, tanto come frutto intero che come frullato e dolce (elaborati con frutta verde bollita con zucchero), e ha alcune proprietà notevoli per facilitare la digestione degli alimenti di difficile assimilazione.Il frutto, di grandi dimensioni, ha un uso simile ad un melone allungato ha una polpa dolce e profumata e semi mangerecci, gelatinosi, piccanti della dimensione di un pisello.In Thailandia il frutto acerbo, tagliato a julienne, serve come base per il Som Tam (thai: ส้มตํา) nota come "papaya salad". Nelle Filippine, dove gli alberi di papaya sono spesso coltivati nei pressi delle abitazioni, il frutto viene regolarmente consumato fresco e utilizzato come ingrediente per la preparazione di numerosi piatti locali come l'atchara, ilumpia e in diverse ricette di pollo e maiale. Dalla papaia si estrae la papaina (come l’ananas) principio attivo con funzione proteolitica (utile nei pasti iperproteici).Contrariamente alla credenza popolare esso non favorisce il dimagrimento, ma la semplice digestione delle proteine.Di questo enzima se ne producono più di 1000 tonnellate annuali nel mondo e viene usato nella fabbricazione di birra, cosmetici e nell'industria alimentare. La papaina è impiegata anche per ammorbidire le carni: nei barbecue si usa il succo che fluisce tagliando la corteccia della papaia verde per versarlo sopra la carne, rendendola molto tenera e succosa.E’ quanto suggerito da uno studio del BS, Agriculture and Agribusiness Department dell’Università di Karachi, in Pakistan.Lo studio, condotto principalmente da KU - Mariam Naseem e Muhammad Kamran Nasir, si è focalizzato sui semi di papaya che sono considerati ricchi di flavonoidi e polifenoli – note sostanze antiossidanti – che, tra l’altro, proteggono dalle infezioni batteriche.Le sostanze contenute nella papaya, spiegano gli autori al Pakistan Daily Times, prevengono le disfunzioni renali e possono liberare l’intestino dai germi. Per esempio, i ricercatori, riportano come in Nigeria sia stato possibile liberare il 76,7 per cento dei bambini da vermi e batteri nocivi intestinali.Questo frutto è molto ricco di antiossidanti come selenio, flavonoidi, carotene, provitamina A; i carotenoidi in particolare sono presenti in quantità superiore al Pompelmo, all'Avocado, alle Arance, al Kiwi, e persino alle Carote. I principali carotenoidi sono il Licopene e la B-criptoxantina, che insieme agli altri antiossidanti proteggono le cellule dai radicali liberi, responsabili dell'invecchiamento cellulare, che può causare gravi malattie degenerative. I flavonoidi regolano la permeabilità delle pareti dei vasi sanguigni, quindi sono importanti per il microcircolo e per la circolazione in generale. La Papaya è molto ricca anche di minerali, quali potassio, magnesio e calcio in forma organica, assimilabile, e di enzimi che tanta importanza rivestono in tutte le razioni chimiche che avvengono nel nostro organismo, e che senza di essi non si potrebbero verificare in modo compatibile con la vita. In uno studio recente pubblicato su Archives of Ophthalmology si dimostra che il consumo di 3 porzioni di papaia fresca al giorno, possono ridurre il rischio di ARMD di degenerazione maculare età-correlata, la prima causa di riduzione della vista nella popolazione anziana.Esiste in commercio un “complemento alimentare funzionale”o Nautraceutico, di papaia fermentata (l'FPP® - Fermented Papaya Preparation - (o Immun'Âge®) la tradizione giapponese che vanta grande esperienza nelle tecniche di fermentazione, applicate all'alimentazione ed alla farmaceutica, ha suggerito la formulazione di questo alimento funzionale dalle proprietà antiaging e protettive.La lunga bio-fermentazione, della durata di 10 mesi, è la condizione essenziale per conferire alla materia prima queste proprietà: grazie a questo processo si ottengono nuovi componenti che non si limitano ad agire da “spazzini” di radicali liberi ma ottimizzano anche le funzioni del sistema antiossidante endogeno dell’organismo, proteggendo le membrane cellulari e il DNA dallo stress ossidativo.questa Altre indicazioni al consumo di papaia: digestione lenta, disturbi di tipo dispeptico come flatulenza, gonfiori intestinali, pesantezza postprandiale, soprattutto dopo pasti proteici abbondanti; stati di intossicazione da tossine e sostanze di scarto; invecchiamento precoce. carta di identità nutrizionaleEnergia: 28Kcal Protidi: 0.40gLipidi: 0,10gCHO: 6,90 g di cui solubili: 6,90g* attenzione: il succo di papaia ha un elevato IG Fibra alimentare: 2,30g
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L'India e il diabete: un rapporto difficile

Mumbai

Tre mesi in India. Tanto è durata la mia avventura in questo meraviglioso paese. Spiritualità orientale e tanta energia positiva, culture e religioni diverse, così come cibi e abitudini.
Ma attraversarla da est a ovest e poi da nord a sud ha significato, per la prima volta in questa mia avventura, entrare in contatto con persone diabetiche. Il diabete, soprattutto quello di tipo 2, qui è diffusissimo.

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Che talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai

Back in Nepal

"Il coraggio era anche quello.
Era la consapevolezza che l'insuccesso fosse comunque il frutto di un tentativo.
Che talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai."



A volte occorre tornare sui propri passi. No, non sto pensando a tornare a casa.
A volte le scelte che si compiono pesano tantissimo sulla propria vita e le proprie esperienze. No, non sono pentito della scelta fatta lo scorso aprile.

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18 Ottobre 2014 - Diario di bordo

Eccomi qui, a Chennai. Quando guardo questa cartina del mondo in cui ho attraversato mezza Asia senza neanche un aereo mi vengono i brividi.Tra poco salperà la barca che mi porterà in circa 60 ore alle isole Andamane. Sono isole incontaminate più vicine alla Thailandia che all'India. È per questo motivo che questo potrebbe essere il mio saluto a questa meravigliosa nazione.Potrebbe perché la mia avventura prevede di fare barca-stop, ovvero riuscire a trovare una barca che mi dia un passaggio fino in Thailandia. Non è uno sfizio o un capriccio per rendere la mia avventura più elettrizzante. La realtà è che non esistono barche ufficiali per compiere questo tratto di mare. Ho circa 10 giorni per riuscire nel mio intento, diversamente dovró tornarmene in India in fretta e furia e uscire dal paese entro pochissimo dato che ho il visto in scadenza. Mangio quello che può essere l'ultimo Masala Dosa di questa avventura con un po' di malinconia per l'esperienza indiana ormai al tramonto e la voglia di riuscire a compiere qualcosa in cui pochi sono riusciti.Per almeno quattro giorni non sarò on line, ci vediamo alle isole Andamane, dove la mia avventura inizierà seriamente a tingersi di incognite meravigliose. Ps: Ho un piano B, tranquilli che non mollo e non prenderò aerei, ma spero di potervi dire tra qualche settimana che "adoro i piani ben riusciti"Fate il tifo per me e... Stay tuned!!!
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L'intervento del Dr.Genovese @EASD 2014 - vienna

L'intervento del Dr.Genovese @EASD 2014 - vienna

Vi riporto l'intervento del Dott.Stefano Genovese al convegno europeo del diabete a Vienna lo scorso 15 settembre. Dal minuto 14:22 lo sentirete parlare del mio caso e del progetto TripTherapy.

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al confine con il pakistan

https://www.youtube.com/watch?v=zvhmOoZWAaQAl confine tra India e Pakistan, tutte le sere al tramonto, va in scena uno spettacolo che sembra di essere in curva allo stadio! Non ho capito se alla fine si amano o si odiano, ma di sicuro è una delle cose più strane che abbia mai visto!Check it out!
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al confine con il pakistan

Pakistan Border

Al confine tra India e Pakistan, tutte le sere al tramonto, va in scena uno spettacolo che sembra di essere in curva allo stadio! Non ho capito se alla fine si amano o si odiano, ma di sicuro è una delle cose più strane che abbia mai visto!
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100 giorni di diabete in giro per il mondo

100 giorni di diabete in giro per il mondo
EnglishCento giorni in giro per il mondo con il mio compagno di viaggio da una vita: il diabete. Si è comportato bene, non mi ha fatto dannare. Grazie al dott. Genovese, responsabile dell’u.o. di diabetologia e malattie metaboliche dell' IRCCS Multimedica di Milano, che mi segue dall’inizio dell’avventura, alla mia partenza mi è stato fornito un apparecchio per il monitoraggio continuo della glicemia Abbott Freestyle Navigator che genera un grafico chiamato AGP rivelatosi molto utile. Il grafico riporta i dati di 14 giorni di misurazioni in un giorno “tipo” (lo strumento misura la glicemia ogni minuto). Si possono vedere la mediana delle glicemie e due aree, una in blu più scuro che include i valori dal 25° a l 75° percentile che rappresenta la variabilità della glicemia, e una più chiara che include i valori dal 10° al 90° percentile, ovvero i valori eccessivi sia verso l’alto sia verso il basso.Sono partito che pesavo circa 81 chilogrammi e con una emoglobina glicata pari a 7,6 in discesa rispetto all'ultimo controllo. Il mio profilo glicemico vedeva una mediana buona, ma migliorabile, con picchi soprattutto dopo cena, a causa dei troppi “saluti” prima della partenza. Inoltre tale profilo era dovuto alla mia vita bancaria di allora e difatti sedentaria.A tal proposito il dott. Genovese commentava: "Oltre ai picchi glicemici alla sera dopo cena chedeterminavano un aumento della mediana anche durante la notte, era eccessiva la variabilità glicemica al mattino"Già poche settimane dopo la partenza avevo visto i primi miglioramenti e soprattutto un profilo glicemico diverso rispetto al passato. Avevo aumentato l'attività fisica camminando tanto tutti i giorni, inoltre stavo cambiando le mie abitudini alimentari in virtù del viaggio: ora la colazione non era più dettata da tempi serrati e potevo permettermene una molto più abbondante e varia, privilegiando uova con pane tostato e un succo d'arancia. I pranzi sono diventati più leggeri e mai ad orario fisso, dando priorità alle tempistiche dettate dal viaggio rispetto alla fame. La sera invece mi sono spesso concesso un piatto locale tipico che fosse il più completo possibile. In Russia ogni menù presentava, oltre al prezzo e alla descrizione del cibo, il suo peso, pertanto gestire il diabete e le glicemie é stato quasi un gioco da ragazzi. Ero all'inizio del viaggio, con l'entusiasmo alle stelle, sono sempre stato in forma ed elettrizzato quindi mi concedevo spesso la sera una birretta.Ancora una volta ecco il commento del dott. Genovese: "La mediana delle glicemie alla seraera elevata anche se con meno variabilità!Le colazioni forse erano un po’ troppo ricche di carboidrati e diverse una dall’altra perché c’erano mediana e variabilità elevate a metà mattina" In Mongolia, a causa di un cavo di alimentazione difettoso mi è andato in tilt l'apparecchio per il monitoraggio continuo della glicemia e così sono dovuto tornare alle vecchie misurazioni manuali.Sono arrivato in Cina dopo circa venti giorni e qui l'incognita più grande è stata la scelta dei cibi e comprenderne la loro composizione. Ho ordinato spesso a caso dai menù dei ristoranti e quindi ho dovuto gestire le glicemie con correzioni post prandiali in virtù degli eventuali aumenti glicemici. In Cina con le sue incognite riguardanti il cibo l'apparecchio per il monitoraggio continuo sarebbe tornato molto utile. Il cibo era molto vario e spesso squisito, inoltre ho ritrovato finalmente la frutta e la verdura fresca, dimenticate in Mongolia e in Russia. La dott.ssa Bosetti, nutrizionista all’Ospedale Sacco di Milano, con cui sono sempre stato in contatto costante grazie a whatsapp e mail mi ha dato una grossa mano per valutare i cibi e i relativi indici glicemici. Sono riuscito a mantenermi su buoni livelli anche se talvolta la variabilità è stata troppo elevata. Fortunatamente si trovavano spesso i noodles che sono simili ai nostri spaghetti, tante zuppe gustose e riso al vapore.Dopo circa quaranta giorni sono arrivato in Tibet la cui incognita più grande è stata l'altitudine in quanto ero costantemente sopra i 4000 metri, ma il diabete non pare averne risentito affatto. Ecco il commento del dott.Genovese al riguardo: "Il diario delle glicemie mostrava troppe ipoglicemie post-prandiali ed eccessiva variabilità soprattutto al mattino al risveglio. Invece prima di cena le glicemie erano più stabili" In Nepal invece mi sono fermato due mesi  per prestare servizio in un orfanotrofio. Mi trovavo in in un piccolo villaggio ai piedi del parco naturale di Shivapuri a circa due ore dalla capitale Kathmandu. Qui la mia vita è diventata rurale e basica, così come l'alimentazione. Vista la difficoltà a procurarsi della carne che al villaggio era un vero e proprio lusso sono diventato vegetariano, complici anche i miei compagni di casa i quali lo erano già da diversi anni. Tante verdure di stagione come verza, pomodori, cetrioli, melanzane e peperoni. Mango, mele e banane come frutta. La sera eravamo soliti mangiare in orfanotrofio e si trattava sempre di Dal Bhat, ovvero riso bollito con verdure stufate e zuppetta di legumi. Proprio i legumi si sono rivelati una piacevole scoperta. A colazione riuscivo sempre a cucinarmi due uova mentre a pranzo spesso era l’occasione per un po' di pasta all'italiana! Alcolici e carne eliminati, oltre a grassi condimenti e fritti.In Nepal ho recuperato l'apparecchio per il monitoraggio continuo della glicemia che prontamente mi era stato spedito dal Abbott Italia.I profili glicemici evidenziavano una mediana migliore anche se le glicemie apparivano ancora un po' troppo variabili. Purtroppo il cibo dell'orfanotrofio è molto basico e spesso di cattivo gusto quindi mi capitavano lievi ipoglicemie serali che ho corretto eccessivamente onde non incorrere in fastidiose ipoglicemie notturne.In questo caso il dott.Genovese commentava: "Una mediana delle glicemie più bassa, ma tanta variabilità imputabile a una difficile gestione dei boli di insulina rapida" Mi sono asciugato molto e ho scoperto di aver perso circa 6 chilogrammi dalla partenza. I dosaggi di insulina sono diminuiti di circa il 30% e mi sentivo in gran forma. Ho quindi effettuato un trekking impegnativo sull'Annapurna, ma riuscendo a gestire le glicemie molto bene proprio grazie al sistema di monitoraggio continuo che mi avvisava per tempo di eventuali cali glicemici a cui rimediavo con degli ottimi chapati e frutta fresca. La difficoltà più grande avuta in questi primi giorni è stata tuttavia il corso di meditazione Vipassana effettuato tra il novantesimo ed il centesimo giorno. Si è trattato di un corso durissimo in cui si arrivava a meditare fino a 14 ore al giorno. Vigeva la regola del silenzio nobile ovvero il divieto di parlare o di comunicare in qualsiasi altro modo. Non ho potuto pertanto gestire il diabete con sensori e apparecchio poiché avrebbero distratto la meditazione. Ho optato quindi per il ritorno alle misurazioni manuali e ad una scorta di zucchero sempre in tasca. Non sono riuscito ad accordarmi col dottore per una terapia ad hoc a causa delle scarse connessioni internet e per il divieto di avere con se strumenti di comunicazione. Mi sono pertanto armato di buon senso e attenzioni.La sveglia era alle 4 del mattino, ma la colazione veniva servita alle 6,30. Alle 11 vi era l'unico pranzo della giornata poiché non era prevista cena, ma solo una piccola merenda composta da frutta e riso soffiato alle 5 del pomeriggio. La paura delle ipoglicemie notturne era tanta pertanto i primi giorni mi sono mantenuto molto basso con i dosaggi, probabilmente troppo poiché avevo scordato che, a causa della meditazione, non avrei compiuto alcuna attività fisica durante il giorno. Se con il pranzo ero ampiamente rodato in quanto sempre Dal Bhat, la colazione era tutti i giorni diversa e basata essenzialmente su cereali bolliti e zuppe di legumi. Ho scoperto che il riso bollito nel latte è buonissimo, ma non fa bene al diabete, quella mattina glicemia alle stelle!! Dopo i primi giorni di ambientamento  a variabilità elevata ho trovato il mio equilibrio e sono riuscito a portare a termine il corso con successo. Essendo una meditazione basata sull'osservazione delle sensazioni nel corpo ho trovato facilità nel fare progressi quotidiani proprio grazie al diabete e al fatto che da ben 24 anni sono abituato ad ascoltare il mio corpo per prevenire e gestire ipo e iper glicemie. Infine tal proposito il dott. Genovese commentava: "Dopo il corso di meditazione una buona mediana delle glicemie durante il giorno fino alle prime ore della notte con tendenza al rialzo nelle prime ore del mattino.Molto ridotta la variabilità glicemica."Arrivato al centesimo giorno le glicemie erano molto meno varie e la mediana si è confermata buona. Confido pertanto in un costante miglioramento dei miei valori glicemici nel prosieguo della mia avventura.Il viaggio in solitaria implica inevitabilmente maggiori attenzioni e soprattutto un dialogo costante con il proprio corpo. Aiuta a tenere presente molti aspetti legati all'alimentazione e il cambio delle abitudini non solo alimentari. Ritengo che alcune iperglicemie siano dovute proprio al fatto di evitarsi fastidiose ipoglicemie di difficile gestione quando si è soli "sulla strada". Questo sistema di monitoraggio continuo mi ha aiutato tuttavia tantissimo e ha semplificato la gestione quotidiana del mio compagno di viaggio. ***************************I spent over one hundred days around the world with my lifelong travelling companion: the diabetes. It behaved well. I never had any serious problem. Thanks to dr. Genovese - head of the diabetes and metabolic diseases U.O. at Multimedica IRCCS in Milan - who has been monitoring me since the beginning of this adventure, I was provided with a Abbott Freestyle Navigator device for continuous glucose monitoring, which turned out to be very useful. It generates a graph called AGP: the graph shows the data of 14 days of measurements in a day "type" (the instrument measures the blood glucose levels every minute). There is a median blood glucose and two areas, one in a darker blue that includes the values ​​from the 25th to 75th percentile represents the variability of blood glucose, and a lighter one that includes the values ​​from the 10th to the 90th percentile: the excessive values ​​either upward or downward.I left Italy in May. I weighted about 81 kilograms and I had a glycated hemoglobin value of 7.6, which was already decreased if compared to the one I had during the latest control. The median of my glycemic profile was good, but it could have been better. There were too many peaks, especially after dinner because of the too many "greetings" I did before my departure. Furthermore, this profile was caused by my sedentary life in the bank where I worked.In this regard, Dr. Genovese commented: "In addition to blood sugar high levels in the evening after dinner determined an increase in the median during the night, there was excessive glycemic variability in the morning"Just after a few weeks since I left, I noticed an initial improvement. In particular, my glycemic profile was different from the one I had in the past. As I was increasing physical activity by walking so much every day, I was also changing my eating habits by virtue of my journey. My breakfast was no longer impacted by a frenetic schedule and I was able to have a more generous and various meals. My favourite one was eggs with toast and orange juice. At lunch, my meals became lighter and there were never at the same time as I was privileging my journey schedule rather than my own hunger. In the evening, I often allowed myself a typical local dish that would be as complete as possible. In Russia, in addition to the price and the description, every menu presented the food weight. Consequently, it was very easy to manage diabetes and blood sugar levels. At the time, I was at the beginning of my trip. My enthusiasm was through the roof. I was always in shape and thrilled, and I drank some beer in the evening at times.Once again, here is the comment of dr. Genovese: "The median blood glucose in the evening was high although with less variability! Breakfasts were perhaps a bit too rich in carbohydrates and different from each other because there were middle and high variability in the mid-morning "When I was in Mongolia, the device for continuous glucose monitoring went haywire due to a faulty cable. For this reason, I had to go back to the old fashion of manual measurements. When I arrived in China after twenty days, the biggest problem I had was the choice of food and understanding their ingredients. I often ordered at random from the restaurants’ menus. As a consequence, I had to manage post-prandial blood sugar levels and adjust them by making corrections when they would increase too much. In China, the monitoring device would be very useful because of the uncertainties I experienced with food. There was instead food of all sorts, which was often delicious. Besides, I finally had fresh fruits and vegetables, which I had not found in Mongolia and Russia.I was always in touch via email and whatsapp with dr. Bosetti, a nutritionist of the Sacco Hospital of Milan. She helped me a lot with food evaluation and its glycemic indexes. I managed to keep myself at a good level. Although, the variability was too high at times. Fortunately, it was easy to find noodles, which are similar to our spaghetti, as well as a lot of tasty soups and steamed rice. After about forty days, I arrived in Tibet. Its altitude caused the greatest uncertainty, as I was constantly over 4000 meters. And yet, my diabetes did not seem to be affected by it.Here is the comment of dr.Genovese in this regard: "The diary of blood sugar levels showed too many post-prandial hypoglycemia and excessive variability especially in the morning when Claudio wake up. Instead pre-dinner blood sugar levels were more stable"I stayed two months in Nepal to help an NGO in an orphanage. I lived in a small village close to the Shivapuri national park, just two hours away from the capital Kathmandu. There, my life became rural and basic, so did my diet. Given the difficulty in obtaining meat, which was a real luxury in the village, I became vegetarian, also because of my housemates, who had been vegetarian for several years already. It was easy to find many seasonal vegetables such as cabbage, tomatoes, cucumbers, eggplants and peppers. Also, it was easy to find fruit like mango, apples and bananas. In the evening, we used to eat in the orphanage and every single dinner was based of Dal Bhat, that is, boiled rice with stewed vegetables served with a soup made of beans. I discovered how tasty and healthy legumes are. At breakfast, I was always able to cook two eggs, while lunch often presented the occasion for some Italian pasta! I never drunk alcohol or ate meat and I limited the use of fried and fatty condiments. There, in Nepal, I recovered the device for continuous glucose monitoring that was promptly shipped to me from Italy. Blood glucose profiles showed better blood sugar levels, although they still appeared as a bit too variable. Unfortunately, at the orphanage the food was too basic and often not very good. For this reason, in the evening, my glucose level was often too low and I had to excessively correct it in order to avoid annoying nocturnal hypoglycemia. In this case, dr.Genovese commented: "A median of blood sugar levels lower, but a lot of variability attributable to a difficult management of fast insulin boluses "During this period I became lean. I found out I had lost about 6 kg since my departure. The insulin dosages decreased of about 30% and I felt really good. Afterwards, I made a difficult trekking in the Annapurna. And yet, I handled it very well thanks to the continuous monitoring system. It warned me on time about any low blood sugar drop, which I remedied with excellent chapatis and fresh fruit. During these first hundred days, the greatest difficulty was the Vipassana meditation course, which I attended between the ninetieth and the hundredth day of my journey. It was a tough course in which I practiced meditation for up to 14 hours a day. There was only one significant rule: the noble silence, which is the prohibition to speak or communicate in any other way. Consequently, I was not able to manage diabetes with sensors and my equipment as it would have distracted the meditation. Therefore, I decided to go back to manual measurements and to carry a supply of sugar in my pocket. I did not succeed in agreeing with my doctor on a special therapy because of poor Internet connections and because of the prohibition of having any means of communication. Therefore, I armed myself with common sense and attention. The wake up call was at 4 AM in the morning, but breakfast was served only at 6:30AM. Lunch was at 11 AM. There was no planned dinner, but only a small snack consisting of fruit and puffed rice at 5 PM. Therefore, I was very afraid of nocturnal hypoglycemia during the first few days and I keep my dosages very low. They were probably too much low as I forgot that I would have not done any physical activity during the day because of the meditation. I was already used to eat Dal Bhat, which I had for lunch every day, but breakfast was always different and mainly based on cereals and boiled soups. I discovered that while I liked the porridge, it was not good for diabetes. The glucose increased too much the morning I ate it!After the first few days of acclimatization to high variability, I found my balance and I was able to complete the course successfully. As the meditation was based on the observation of body sensations, I found it easier to make daily progress thanks to the diabetes itself and to the fact that for 24 years I have been used to observe my body sensations in order to prevent and manage hypo and hyper blood sugar levels. Finally this regard Dr. Genovese commented: "After the meditation course there was a good median blood sugar levels throughout the day until the wee hours of the night with the upward trend in the early hours of the morning. Much reduced glycemic variability."Once I arrived to the hundredth day, my blood sugar levels were much less varied and the median was good again. Therefore, I am confident that my blood glucose levels will progressively improve during the rest of my adventure. A solo journey inevitably means being more attentive and, above all, engaging in a constant dialogue with my body. It helps me to keep in mind many aspects related to food and changing habits that are not only related to my diet. I think some hyperglycemia is due precisely to the fact that I want to avoid troublesome hypoglycemia, which would be difficult to manage when I am alone "on the road". However, this continuous monitoring system has helped me a lot and has simplified the daily management of my travelling companion.
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