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10 piatti da provare in Giappone

japanese street food

Sfatiamo un mito: il Giappone non è solo sushi. Anzi: il sushi non è neppure il suo piatto tipico. Non è un piatto della quotidianità, è spesso riservato alle celebrazioni e non è insolito vederlo consumare a colazione. Perché tutti lo collegano al Giappone? Perché è stata una delle prime preparazioni nipponiche ad essere esportate negli USA. Seguita a ruota dal ramen, quell’ampia scodella di spaghetti di frumento in brodo (golosissimi col maiale a fette).

Oggi voglio parlarvi però di altri piatti, magari un po’ di nicchia e sicuramente lontani dall’immaginario collettivo. Piatti di cui, i giapponesi per primi, non possono fare a meno.

Udon

Spessi, gommosi e preparati con acqua salata e farina di grano: gli udon sono uno dei tre principali tipi di noodles che in Giappone vengono serviti. Le ricette sono le più diverse: gli udon possono essere fritti, bolliti, persino serviti freddi accompagnati da una salsa. La versione più tradizionale li vuole però in brodo: i kitsune udon sono serviti col tofu fritto, i tempura udon con verdure e pesce fritto, i chikara udon con tortine di riso grigliate.

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Travels and diabetes: Australia and North America

junk food diabetes

I spent nine months on the Asian continent before turning my itinerary first to Australia and then to North America. In the middle of the Pacific Ocean to be crossed without planes. I did it with a merchant cargo ship and the voyage lasted the beauty of twenty-six days.

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Il Giappone e la sua cucina: è la migliore del mondo?

sushimi

Visitare e vivere il Giappone senza dedicarsi al cibo tradizionale è una vera e propria bestemmia esperienziale. Sì perché ovviamente questa terra è sì ricca di templi, santuari, paesaggi, cultura, grattacieli, luci e stranezze varie, ma è anche, udite udite, la miglior cucina al mondo dopo l’Italia.

Attenzione, è ovviamente una mia personalissima e opinabile opinione, tuttavia ho potuto visitare ben 76 stati nella mia vita e, avendoli attraversati quasi tutti “on budget”, cioè con pochi soldi, posso permettermi di confrontarli in maniera equilibrata  mettendo a confronto proprio i piatti tipici della tradizione, quelli poveri per intenderci, che tra l'altro oggi i grandi chef hanno iniziato a rielaborare.

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Thai feel (street) food

involtini thai

A cura della Dr.ssa Alessandra Bosetti
Dietista Clinico
Clinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, Milano

BISOGNA MANGIARE CON GLI OCCHI….

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Il frutto degli angeli…

Il frutto degli angeli…
A cura della Dr.ssa Alessandra BosettiDietista ClinicoClinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, MilanoLa papaya (Carica papaya)Si presenta come un piccolo albero poco ramificato a fusto alto sino a 5–10 m. Il tronco, anche negli esemplari maturi, ha una consistenza tenera, poco legnosa, e presenta cicatrici prodotte dalla crescita e caduta delle foglie superiori. La linfa è di consistenza lattea e tossica allo stato naturale per l'essere umano, potendo produrre irritazioni allergiche al contatto con la pelle.I frutti hanno una consistenza delicata e una forma oblunga e possono essere di color verde, giallo, arancio o rosa. Possono pesare fino a 9 kg. Per esigenze di commercializzazione nella maggior parte dei casi non devono pesare più di 500 o 600 g, specialmente nelle varietà di piante nane, molto produttive e destinate generalmente alla esportazione, per essere più trasportabili e durare di più dopo la raccolta fino al momento del loro consumo. La dimensione dei frutti diminuisce in funzione della età della pianta. I frutti e i fiori si trovano in grappoli subito sotto la inserzione dei piccioli delle foglie palmate. La pianta non è esigente in quanto ai suoli, potendo svilupparsi in qualunque terreno abbandonato o perfino in grandi vasi. È una delle piante più produttive in relazione alla sua dimensione perché fiorisce continuamente e ha sempre allo stesso tempo fiori e frutti. Lo sviluppo dei frutti causa la caduta delle foglie inferiori, quindi i frutti sono sempre allo scoperto rispetto alle foglie, esposti alla luce solare.La papaia è conosciuta come frutta da consumo, tanto come frutto intero che come frullato e dolce (elaborati con frutta verde bollita con zucchero), e ha alcune proprietà notevoli per facilitare la digestione degli alimenti di difficile assimilazione.Il frutto, di grandi dimensioni, ha un uso simile ad un melone allungato ha una polpa dolce e profumata e semi mangerecci, gelatinosi, piccanti della dimensione di un pisello.In Thailandia il frutto acerbo, tagliato a julienne, serve come base per il Som Tam (thai: ส้มตํา) nota come "papaya salad". Nelle Filippine, dove gli alberi di papaya sono spesso coltivati nei pressi delle abitazioni, il frutto viene regolarmente consumato fresco e utilizzato come ingrediente per la preparazione di numerosi piatti locali come l'atchara, ilumpia e in diverse ricette di pollo e maiale. Dalla papaia si estrae la papaina (come l’ananas) principio attivo con funzione proteolitica (utile nei pasti iperproteici).Contrariamente alla credenza popolare esso non favorisce il dimagrimento, ma la semplice digestione delle proteine.Di questo enzima se ne producono più di 1000 tonnellate annuali nel mondo e viene usato nella fabbricazione di birra, cosmetici e nell'industria alimentare. La papaina è impiegata anche per ammorbidire le carni: nei barbecue si usa il succo che fluisce tagliando la corteccia della papaia verde per versarlo sopra la carne, rendendola molto tenera e succosa.E’ quanto suggerito da uno studio del BS, Agriculture and Agribusiness Department dell’Università di Karachi, in Pakistan.Lo studio, condotto principalmente da KU - Mariam Naseem e Muhammad Kamran Nasir, si è focalizzato sui semi di papaya che sono considerati ricchi di flavonoidi e polifenoli – note sostanze antiossidanti – che, tra l’altro, proteggono dalle infezioni batteriche.Le sostanze contenute nella papaya, spiegano gli autori al Pakistan Daily Times, prevengono le disfunzioni renali e possono liberare l’intestino dai germi. Per esempio, i ricercatori, riportano come in Nigeria sia stato possibile liberare il 76,7 per cento dei bambini da vermi e batteri nocivi intestinali.Questo frutto è molto ricco di antiossidanti come selenio, flavonoidi, carotene, provitamina A; i carotenoidi in particolare sono presenti in quantità superiore al Pompelmo, all'Avocado, alle Arance, al Kiwi, e persino alle Carote. I principali carotenoidi sono il Licopene e la B-criptoxantina, che insieme agli altri antiossidanti proteggono le cellule dai radicali liberi, responsabili dell'invecchiamento cellulare, che può causare gravi malattie degenerative. I flavonoidi regolano la permeabilità delle pareti dei vasi sanguigni, quindi sono importanti per il microcircolo e per la circolazione in generale. La Papaya è molto ricca anche di minerali, quali potassio, magnesio e calcio in forma organica, assimilabile, e di enzimi che tanta importanza rivestono in tutte le razioni chimiche che avvengono nel nostro organismo, e che senza di essi non si potrebbero verificare in modo compatibile con la vita. In uno studio recente pubblicato su Archives of Ophthalmology si dimostra che il consumo di 3 porzioni di papaia fresca al giorno, possono ridurre il rischio di ARMD di degenerazione maculare età-correlata, la prima causa di riduzione della vista nella popolazione anziana.Esiste in commercio un “complemento alimentare funzionale”o Nautraceutico, di papaia fermentata (l'FPP® - Fermented Papaya Preparation - (o Immun'Âge®) la tradizione giapponese che vanta grande esperienza nelle tecniche di fermentazione, applicate all'alimentazione ed alla farmaceutica, ha suggerito la formulazione di questo alimento funzionale dalle proprietà antiaging e protettive.La lunga bio-fermentazione, della durata di 10 mesi, è la condizione essenziale per conferire alla materia prima queste proprietà: grazie a questo processo si ottengono nuovi componenti che non si limitano ad agire da “spazzini” di radicali liberi ma ottimizzano anche le funzioni del sistema antiossidante endogeno dell’organismo, proteggendo le membrane cellulari e il DNA dallo stress ossidativo.questa Altre indicazioni al consumo di papaia: digestione lenta, disturbi di tipo dispeptico come flatulenza, gonfiori intestinali, pesantezza postprandiale, soprattutto dopo pasti proteici abbondanti; stati di intossicazione da tossine e sostanze di scarto; invecchiamento precoce. carta di identità nutrizionaleEnergia: 28Kcal Protidi: 0.40gLipidi: 0,10gCHO: 6,90 g di cui solubili: 6,90g* attenzione: il succo di papaia ha un elevato IG Fibra alimentare: 2,30g
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E bevitelo un the salato al latte di Yak! Tashi Delek!

E bevitelo un the salato al latte di Yak! Tashi Delek!

A cura della Dr.ssa Alessandra Bosetti Dietista Clinico Clinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, Milano La cucina Tibetana è influenzata dai paesi vicini, India, Pakistan, Cina e Nepal, ma è meno saporita, più leggera e meno varia. Uno dei motivi è soprattutto la scarsa produzione di materie prime in quanto il territorio non è bagnato dal mare, ed è quasi tutto composto da montagne sopra i 4000 mt. Un altro motivo è il credo religioso: in questo territorio sono professate tre fedi religiose: il Buddismo, l'islam e l'induismo. Anche la gastronomia del Ladakh, la parte dell'altopiano detta “Piccolo Tibet” , a nord dell'India è sobria e monotona. La dieta è paragonabile a quella delle nostre valli agli inizi del novecento quindi pasti sono semplici e frugali, composti da cereali, carne e latte, mentre le verdure non si trovano facilmente e sono solitamente importate dalla Cina. L'elemento che non manca mai è la Tsampa, farina di miglio tostata impastata con acqua e zucchero, che viene mangiata ad ogni ora, spesso accompagnata da thè salato al burro di yak. L'alimento base della popolazione tibetana è infatti l'orzo, l'unico cereale che può crescere in condizioni estreme di altitudine e siccità. Dall'orzo tostato si ricava appunto la tsampa, una farina dal sapore che ricorda la nocciola e può essere consumata in polvere, aiutandosi con le mani, oppure impastata con l'acqua per ottenere grosse pallem ripassate nella farina fresca per evitare l'essicazione e facili da conservare nella bisaccia per il viaggio. La tsampa viene utilizzata sia per confezionare la pasta, sia per la preparazione di bevande, con l'aggiunta di zucchero, latte, yogurt, oppure mescolata nel te e nella birra locale. Il Tè Tibetano, chiamato Bo Cha è costituito da foglie di tè verde che vengono fatte bollire a lungo, solo che l’infuso così ottenuto viene versato in una specie di zangola assieme a sale, bicarbonato, latte e burro di dri, la femmina dello yak. Il tutto viene mescolato energicamente in modo che il burro fonda e si emulsioni con il liquido. Solo allora il tè viene riversato in un bollitore che lo tenga caldissimo. Il risultato è una bevanda brodosa, molto grassa e salata, che lascia una patina di unto sulle pareti interne della bocca. I Tibetani lo offrono a qualsiasi ora e per qualsiasi occasione, riempiendo le tazze fino all’orlo, e non appena se ne beve qualche sorso si affrettano a versarne di nuovo. Aggiungono del nuovo tè bollente per mantenere la temperatura, poiché se si raffredda troppo il burro si rapprende formando dei grumi rancidi in superficie. La tradizione vuole che gli ospiti non bevano mai tutto il tè della tazza ma ne lascino un po’ per far capire al padrone di casa che ne vogliono ancora. Quando ne hanno abbastanza possono buttare il tè rimasto in una coppa apposita sul pavimento, ma questo deve avvenire non prima della terza o quarta tazza, altrimenti si è considerati scortesi. Il Bo Cha (questo è il nome della bevanda in lingua tibetana) si beve non solo in Tibet, ma in tutte le regioni trans-himalayane a cultura buddista come il Nepal, il Bhutan e in India del Nord. Solo qualche anno fa è stata introdotta la coltivazione dei legumi, nei territori del nord, dove la produzione resta tuttavia molto limitata. Molto importanti sono i latticini come formaggio, burro e yogurt ottenuti dal latte di yak, il bovino dal pelo lunghissimo, che pascola nelle valli tibetane. La pasta, thenthuk, sotto forma di noodles o “tagliatelle”, si trova cucinata con verdure o carne, cosi' come i momo (ravioli ripieni al vapore). MOMO: Calories 4417 Carbs 55 Fat 14 Protein 18 Sodium 1,7 Sugar 3 La carne si trova secca o bollita, spesso speziata e piccante, e se al turista viene offerto coda o lingua di Yak è considerato un grande onore! La frutta si trova nei mercati ma è poco consumata cosi come i dolci. Un discorso a parte merita il consumo di carne in quanto nell'area Tibetana convivono tre fedi religiose, con diverse pescrizioni alimentari: induismo; buddismo, islam. La carne è solitamente esclusa dai pasti per motivi religiosi. Gli indù adorano mucche e tori come divinità e considerano sacri tutti i loro prodotti, perciò seguono un rigoroso regime vegetariano, che essi considerano segno di purezza. I buddisti si astengono dalla carne, benchè non vi sia espresso divieto perchè professano il rispetto di ogni forma di vita ne giustificano l'uccisione solo per necessità. Alcuni buddisti non mangiano prodotti di origine animale, incluse uova e latte. Altri evitano le cosidette “cinque spezie”, aglio , cipolla, erba cipollina, scalogno e porri, perchè temono che il loro forte aroma possa eccitare i sensi e ostacolare la liberazione o il controllo dei desideri, mentre il divieto islamico di mangiare carni impure (maiali e derivati), animali morti naturalmente e animali acquatici che vivono anche fuori dall'acqua (granchi e anfibi), consente di cibarsi solo di carni pure, ottenute con la macellazione di rito mussulmano perciò i pochi macellai tibetani sono musulmani, tra le carni sono saltuariamente cucinati il montone, il pollo e lo yak, quest'ultimo solo per celebrare particolari eventi. Una specialità è la carne essiccata di agnello o di yak, tagliata e lasciata essiccare vicino ai villaggi.

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Carne di montone e ...marmotta!

Mongolian cooking

A cura della Dr.ssa Alessandra Bosetti Dietista Clinico Clinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, Milano La casa bianca..in Mongolia LA GHER Una casa, nido, riparo, focolare, che monti e smonti come fosse fatta di lego. Quasi un gioco da bambini. Con gesti consacrati dalla tradizione, in cui tutta la famiglia ha un suo ruolo preciso, e già che c’è rinsalda ancor di più i vincoli che la tengono unita. La grata circolare (hana) in legno di salice. Che fa da parete e punto d’appoggio per i pali di sostegno (uni), riuniti alla sommità della tenda in una calotta (toono) da cui fuoriesce il tubo-camino del focolare interno. Struttura leggera e resistente, sorretta all’interno da due colonne a T (bagana) in legno riccamente intarsiato. Perché semplicità ed efficienza non vogliono dire povertà e bruttezza. Anzi. La gher all’esterno si ammanta di feltro e di pelli impermeabili, che la rendono intangibile al freddo e le donano un’aria aristocratica. La casa nomade ricoperta di stole. La porta (khalga) si apre a sud, desiderosa del calore proveniente dal deserto del Gobi. Fuori è gelo e buriana, ma dentro è tutt’un’altra storia. Potere della soglia: alle spalle, la morsa bianca del freddo. Il regno della natura e delle sue forze misteriose. Di fronte, il calore ambrato dell’interno. L’universo modellato dal nomade. Si passa da un mondo all’altro, tramite la gher. È per questo che si deve far attenzione, varcandone l’ingresso. Mai inciampare, o calpestare lo stipite. La cattiva sorte, le presenze oscure potrebbero approfittarne per farsi un varco dentro. Via, ricacciatele indietro, perché all’interno della gher c’è un mondo. Profumi, colori, antichi riti, nuovi feticci. Al centro la stufa di ghisa, focolare, camino e cucina insieme. Ai lati, i letti (a sinistra quelli degli uomini e degli ospiti, a destra il letto coniugale e quelli delle donne), le cassapanche, sgabelli e tavolo, un piccolo altare, le masserizie, la brocca con catino per lavarsi, le selle. L’odore è da profumo maschile haute couture: cuoio, tabacco fumée, feltro, con lievissime venature alcoliche (vodka, per l’esattezza). I colori hanno una calda dominante arancio, tinta affine alla cromia dell’oro, segno di regalità e prosperità. A terra, feltro e spessi tappeti. Ovunque, respiri l’essenza del Paese: fatta di segni del passato glorioso (vecchie statuine del Buddha, attrezzi artigianali, antichi oggetti di devozione, stoviglietradizionali) e concessioni alla modernità più globalizzata: polaroid ormai stinte, radioline di marca cinese, giocattoli e secchi di plastica colorata, ma in certi casi anche decoder collegati a improbabili parabole satellitari o centraline che regolano il flusso di energia generato da moderni pannelli solari. Resta salva l’etichetta, più dettagliata e precisa di quella in vigore alla corte del re Sole. Perché la gher è anche un universo di rituali, per dare ritmo all’ordine del mondo. Gli uomini, una volta entrati, si dispongono a sinistra, le donne a destra. Sono banditi gli oggetti nefasti e la lista è lunga, perché va dalle armi da taglio come i coltelli alle pentole senza coperchio (secondo i mongoli ideali per trafugare la felicità familiare), passando per gli utensili da scavo, che ricordano momenti poco gai come le sepolture. La stessa disposizione degli arredi segue regole intricate e legate alla simbologia religiosa. Etichetta vuole che ogni leccornia offerta (con il braccio destro, sorretto dalla mano sinistra all’altezza del gomito) sia entusiasticamente accettata (con entrambe le mani) e trangugiata, che si tratti di grossi pezzi di carne di pecora cotta nel suo grasso, formaggio secco, vodka o airag (latte di cavalla fermentato). Ma prima gli uomini si saranno offerti a vicenda prese di tabacco, ammirando la fattura dei contenitori,pregevole o grossolana che sia. L’ospite ben educato eviterà di fare troppe domande, non si appoggerà mai ai pali di sostegno (è di pessimo auspicio quanto inciampare all’ingresso) e reprimerà in cuor suo ogni desiderio di fischiettare giulivo (modo sicuro per catalizzare il male sulla gher e sui suoi abitanti). Inoltre, ricambierà l’ospitalità al momento della partenza, con un regalo o un po’ di denaro (mai una somma eccessiva, sembrerebbe un gesto per vantarsi e umiliare il padrone di casa). Etichetta anche per accomiatarsi: è previsto un giro in senso orario intorno alla stufa. E solita attenzione al gradino, uscendo. Non urtatelo. La gher ha resistito, grazie ai suoi accorgimenti tecnici e alla tenace protezione dai cattivi auspici, per secoli e secoli. E vuole continuare a resistere. Quindi, rispettate la tradizione. Non calpestate la soglia, per favore. di Rita Ferrauto (da "Mongolia - L'ultimo paradiso dei nomadi guerrieri" di Federico Pistone - Polaris 2008) IL RAPPORTO TRA I MONGOLI E GLI ANIMALI La carne e il latte sono da sempre la base dell'alimentazione dei mongoli. Un vero incubo per i vegetariani, mentre gli animalisti possono consolarsi considerando che in Mongolia gli animali sono rispettati, se non addirittura venerati. L'uccisione di una pecora, ad esempio, viene eseguita con un'antica tecnica che evita inutili sofferenze: viene praticata una sottile incisione all'altezza del costato e compressa l'arteria del cuore: bastano pochi istanti e l'animale muore senza dolore e senza la minima perdita di sangue. Il corpo viene quindi sezionato in più parti e utilizzato completamente, comprese le ossa (foto di Federico Pistone). Poi, generalmente, viene recitata una preghiera rivolta allo spirito dell'animale. Significativo il fatto che i nomadi mongoli indossino i gutul, i tradizionali stivali con la punta rivolta in alto per evitare di "ferire" la terra e calpestare i piccoli animali che la popolano. La natura e gli animali hanno una valenza sacra per i mongoli e anche il cibo ne risente. E' atavica la tradizione di nutrirsi solo di animali che muoiono per cause naturali e, come si dice, senza buttare nulla. Lo testimonia anche il francescano Guglielmo di Rubruc nel suo "Viaggio nell'impero dei Mongoli" del XIII secolo: "Mangiano indifferentemente tutti i loro animali che muoiono, e tra tanti greggi e armenti che possiedono ci sono molti animali che muoiono. Durante l'estate, tuttavia, fino a che hanno il cosmos, cioé il latte di cavalla, non si preoccupano di procurarsi altro cibo: perciò se accade che in quella stagione un bue o un cavallo muoia, mettendo a seccare la carne e tagliandola a fette sottili e appendendole al sole e all'aria, così che si seccano subito senza bisogno di sale e senza alcuno cattivo odore. Con le interiora dei cavalli preparano delle specie di salsicce, migliori di quelle di maiale, e le mangiano fresche; riservano il resto della carne per l'inverno. Con le pelli dei buoi fabbricano grandi otri che fanno seccare al fumo in modo straordinario. Con la parte posteriore della pelle di cavallo fabbricano bellissime calzature. La carne di un unico montone è sufficiente per sfamare cinquanta o cento uomini: essi, infatti tagliano la carne a pezzettini in una scodella aggiungendovi sale e acqua, poiché non preparano nessun altro tipo di condimento". Anche da questo punto di vista, in Mongolia sembra che il tempo si sia fermato perché le abitudini nella steppa, dopo otto secoli, sono rimaste identiche. ALIMENTI GRIGI E ALIMENTI BIANCHI In Mongolia gli alimenti vengono definiti "grigi" (carni) o "bianchi" (latte e derivati). Gli alimenti grigi, soprattutto montone e pecora (la carne è piuttosto grassa e saporita e costa poco ai mercati mongoli), vengono quasi sempre bolliti e lasciati galleggiare a pezzetti nel brodo. Vengono accompagnati dai buuz (vedi ricetta a lato), grossi ravioli di carne e cipolla cotti al vapore o dai khushuur (ricetta a lato), la versione fritta dei buuz. Tutti i mongoli li sanno cucinare e saranno felici di farveli provare. Nella foto (di Federico Pistone), l'ospite degusta il té mentre la padrona della gher prepara la pasta per i buuz. Il boodog è considerato uno dei piatti più peculiari della cucina mongola. Viene preparato con la carne di capra o di marmotta. Attraverso il collo dell'animale vengono estratti ossa e viscere. Si introducono sassi incandescenti e si richiude il collo. La carcassa viene lasciata cuocere finché la carne diventa tenera, gustosa e fragrante. Una variante, con l'agnello, è il khorkhhog Le viscere di pecora, una vera delizia per i nomadi, vengono utilizzate anche per la preparazione di salsicce. Per la conservazione della carne vengono utilizzati vari metodi: il più classico è quello di tagliarla in lunghe e sottili strisce che vengono appese all'ombra. La carne diventa secca molto presto e quasi impossibile tagliarla con il coltello. Così, prima di utilizzarla, occorre bollirla nell'acqua per riammorbidirla. Gli alimenti bianchi sono consumati soprattutto d'estate. Latte e formaggi provengono da quelli che i Mongoli definiscono animali a "muso caldo" (montoni e cavalli) e a "muso freddo" (capre, yak e cammelli). Il tipo e la quantità di cibo dipendono dal periodo dell'anno, dalle condizioni ambientali e dai luoghi. A sud, ad esempio, la dieta principale è a base di carne di montone, latte e formaggi di cammello. In inverno occorrono più calorie e i nomadi consumano soprattutto il grasso degli animali. Alcuni piatti vengono accompagnati da cipolla selvatica e aglio. Frutta e verdura si possono trovare solo in alcuni mercati di Ulaan Baatar ma non fanno certo parte della dieta mongola, anche per le proibitive condizioni climatiche del Paese. Il pesce è molto abbondante nei corsi d'acqua, soprattutto nei laghi del nord, ma questa carne viene considerata poco adatta a un popolo guerriero e viene completamente snobbata. COSA BEVONO I NOMADI DELLA STEPPA Nelle gher il cibo viene cucinato una volta al giorno, soprattutto quando è previsto l'arrivo di un ospite. Per colazione e per merenda viene servito un tè salato (vedi ricetta a fianco, foto a sinistra apsaras.com), a volte con il latte (di yak, di cammella, di cavalla, di capra o di mucca), accompagnato dai boortsog (biscotti imburrati e fritti nell'olio) e anche da pezzi di carne eventualmente avanzati il giorno precedente. Con l'arrivo della primavera, i mongoli cominciano a utilizzare prodotti freschi, soprattutto il latte, che è alla base di zuppe, formaggi, bevande. Tra queste, spicca l'airag, l'alimento principe della dieta mongola, composto da latte di cavalla: è una bevanda alcolica, acidula e frizzantina, molto proteica e, dopo un primo momento di stupore, perfino gradevole. Il latte appena munto viene versato in un otre di cuoio e battuto almeno mille volte fino a farlo fermentare (dai 3 ai 5 gradi alcolici). I mongoli bevono airag in ogni occasione, anche diversi litri al giorno. Ci mettono una grande cura a produrlo, un po' come per noi il vino. Una coppa di airag viene consumata dagli stessi lottatori prima della gara del Naadam. I Mongoli ritengono che l'airag abbia anche qualità medicinali: dà vigore, è antidepressivo, distrugge i germi patogeni nell'intestino e aiuta il metabolismo. Nella foto (www.photos.ws), la preparazione dell'airag. Sempre Guglielmo di Rubruc, nel suo reportage del 1253 ci riferisce quello che accade ancora oggi, esattamente con le stesse modalità (l'airag viene qui chiamata "cosmos", dall'altra denominazione: koumiss): Il cosmos fa molto bene all'intestino, inebria le persone abbastanza deboli ed è notevolmente diuretico". Mentre lo si beve, il cosmos pizzica la lingua come il vino di raspo e dopo che si è finito di bere rimane in bocca il sapore del latte di mandorla. L'altra bevanda irrinunciabile dei mongoli è la vodka, chiamata anche arkhi (o shimiin arkhi) per distinguerla dalla vodka russa normalmente in commercio: è un distillato di 10-12 gradi, cristallino e senza sapore. I RISTORANTI MONGOLI Solo nella capitale, e in altre località turistiche, è possibile trovare una cucina buona per tutti i palati. I ristorantini mongoli, i guanz (molto economici e spartani, se non fatiscenti ma sempre molto pittoreschi e genuini, foto a sinistra) servono piatti a base di carne e buuz, insalata di verza e qualche volta salsiccia di carne di montone. NELLA BORSA DELLA SPESA Sugli scaffali dei supermercatini della capitale si trova anche pasta italiana (non di marca, anzi senza nemmeno l'indicazione della provenienza), olio di oliva e addirittura vino (il meno sospetto è quello di origine bulgara). Ovviamente non mancano i liquori e la vodka (russa ma anche quella mongola, ottima) troneggia sempre. Un viaggio in Mongolia è anche un'occasione per perdere chili. Non solo scarseggia l'apporto di carboidrati, ma è molto difficile trovare alimenti dolci. Nello State Department Store il grande magazzino statale che campeggia in via della Pace, è possibile trovare di tutto, anche delle torte tanto scenografiche quanto perfide nel gusto. Meglio buttarsi sui dolcetti freschi a base di fagioli. Nei mercati della capitale, oltre a vario scatolame proveniente dalla Cina, dalla Corea e dalla Russia (si trovano confezioni di caviale a prezzi stracciati anche se abbondantemente scadute), ci si può rifugiare nei famigerati noodle, ciotole di carne e verdura liofilizzata che, con un bicchiere di acqua calda, diventano dei dignitosi piatti unici. Evitare assolutamente (anche se un assaggio è d'obbligo) il gelato, che ha un curioso sapore di petrolio salato. HULUSHUUR ravioli fritti ripieni di carne di mintone o manzo, cipolle, aglio e sale BUUZ ravioli di carne al vapore KHORKHHOG carne di agnello cotta con sassi incandescenti che vengono posti nel brodo di cottura. BODOG. carne di marmotta KHORKLOG: carne di montone stufato TARAK: yogurt ARUL: formaggio secco ottenuto facendo sgocciolare il formaggio e posto sul tetto della tenda BIASAT: formaggio ottenuto dal latte caldo cagliato con l’aggiunta di TARAK. SHAR TOS: burro giallo cotto, chiarificato (bruciato anche in occasione dei riti sacri) AIRAK: latte fresco di giumenta posto un una otre di pelle e sbattuto frequentemente: si ottiene una bevanda che si consuma nelle occasioni particolari. OIEREM: alimento onorifico per eccellenza ottenuto dalla panna del latte fatta raffreddare e riposare, la si ripiega come un’omelette con la parte cremosa all’interno. ARKH bevanda ottenuta dalla distillazione ripetuta di latte fermentato fino ad ottenere un liquido biancastro cremoso [gallery ids="421,418,417,416"]

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“ Tschi da kasha –pisha nosha” (zuppe e polenta sono il nostro cibo) - La Russia

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a cura della Dr.ssa Alessandra Bosetti Dietista Clinico Clinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, Milano Le tradizioni culinarie russe risentono sostanzialmente di due grandi fattori: 1.i periodi di digiuno dettati dai precetti religiosi, che vedono l’alternanza di una “tavola digiunale” dove vengono consumate prevalentemente zuppe di cereali, formaggi, frutta secca, patate , fughi secchi, barbabietole a una “tavola carnivora” con stufati di carne e pesce, pasta o ravioli con sughi di carne. 2.le condizioni climatiche che condizionano la disponibilità di alimenti freschi Largo uso di miele, marmellate confetture, pan pepato e latte di papavero. I metodi di cottura più diffusi sono la cottura alla brace, al cartoccio, in umido mentre scarsamente utilizzate sono le fritture. La cucina russa NON usa olio ma burro, strutto, lardo (molto calorica), trionfano le spezie e la panna acida. Al mattino,per colazione (ZAVTRAK) si può iniziare con del KHLEB (pane si segale o avena), o dei KASHA (porridge di avena grano saraceno) o dei dolci tipici (molto calorici per l’abbondanza di burro o strutto) come lo ZEFIR una specie di meringa con panna montata e cioccolato fuso , ma l'indice glicemico è molto elevato, oppure una fetta di VATRUSHKA una torta a strati con ripieno di ricotta aromatizzata, uva passa, frutta. E poi ancora lo SGUSHENKA (latte condensato con zucchero cristallino al 12%) o il KEFIR con SUKHARIKI (fette biscottate molto cotte che una volta venivano servite come razione degli eserciti militari) o GEMATOGEN una barretta “energetica” a base di sangue bovino defibrinato unito a latte condensato, miele con sembianze di …cioccolatini, oppure dei BARANKI ovvero crostini di pane che ricordano i nostri taralli pugliesi nel cui impasto vengono aggiunti, oltre ad acqua, farina, sale, lievito anche semi di cumino e vaniglia. Miele e marmellata di frutti di bosco non mancherà mai. Per strada si possono assaggiare i SEMECHKI (semi di girasole tostati) o delle gustosissime fragole glassate (KLYUKVA Sakharom) Piatti tipici: BORSCHT: piatto nazionale ovvero una zuppa a base di brodo di manzo, barbabietole, cavolo cappuccio, verdure, pancetta, aromi e l’immancabile panna acida (SMETANA) la versione vegetariana viene chiamata POSTNY BORSCHT. Altre zuppe tipiche sono: ➢OROSHKA a base di birra (KVASS), funghi in salamoia, succo di limone, pesce (PERSICO; TINCA; MERLUZZO) accompagnato con RUFABA (un incrocio tra rape e ravanelli) ➢SHCHI una zuppa dalla tradizione millenaria a base di cavolo cappuccio, panna acida, crauti, mele, pesce, carote, funghi e spezie) ➢LARHMAN zuppa di noodles con manzo, brodo saporito e spaghetti di frumento ➢PLOV riso fritto con agnello e carote in umido ➢SHASHLYL spiedini di carne tipici della zona causasici marinati e cotti alla brace ➢VORSHMOK aringhe salate, carne macinata, cipolla , formaggio fuso NB tutte le zuppe sono accompagnate da pane di segale. Volendo si può fare un pieno di caviale, salmone, storione e il luccioperca un pesce locale. Si possono infine gustare delle BLINY : crepes dolci o salate con butto, birra, panna da montare. Immancabili, in tutto il percorso,i ravioli: quelli russi si chiamano PELMEN , hanno un ripieno di carne Sul fronte delle bevande ovviamente si potrà incappare nella VODKA ottenuta da3 processi di distillazione di cereali in alcol (grado alcolico 60%VOL) o nella, MORS (bevanda a base di acqua, frutti di bosco) KVAS bevanda fermentata a basso tenore alcolico ottenuto dalla fermentazione di vegetali (bacche, linfa di betulla, orzo), nei SOK (8succhi di frutta) o nella bevanda nazionale (il tè nero) con cardamomo, limone, semi di finocchio e panna.

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I feel food in... Polonia!

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a cura della Dr.ssa Alessandra Bosetti Dietista Clinico Clinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, Milano Le cronache medioevali descrivono la cucina polacca come molto piccante e basata su carni e grani. Rispetto ad altre cucine europee dell'epoca erano molto usate le spezie, soprattutto il pepe, la noce moscata e il ginepro anche perché era fiorente l'importazione dai paesi orientali a prezzi bassi. L'uso del miele e della rapa era molto comune. Tra gli alcolici più famosi la birra e l'idromele con il vino proveniente soprattutto da Slesia e Ungheria. Nel 1518 la regina Bona Sforza rivoluzionò la cucina polacca portando nel paese i cuochi italiani. Stanisława Augusta porterà ulteriori modifiche alla tradizione con la moda della cucina francese, molto leggera. Saranno successivamente pubblicati una serie di libri di Jan Szyttler, allievo di un celebre cuoco di re Paula Tremona. I piatti che si possono dire tradizionali provengono ancora oggi da ricette di autori del XIV secolo come Lucyna Ćwierczakiewiczowa L'ingrediente principale è la patata, ma sono molto celebri le carni di maiale affumicate e le zuppe. Il pranzo è il pasto principale della giornata, ed è consumato nelle prime ore del pomeriggio. Le portate sono una zuppa o minestra, seguita da un piatto generico e verdura ed infine il dolce accompagnato da tè, o succo di prugne o rabarbaro. Tra le minestre tradizionali la barszcz, una zuppa di barbabietole, la żurek, una minestra di farina di segale acida, la ogórkowa, una minestra di cetrioli, e la kapuśniak, a base di cavoli. Il più celebre e tradizionale piatto polacco è il bigos, uno stufato di carne, cavoli e crauti, con aggiunta di prugne secche ed altre spezie. Tra i piatti celebri i pierogi, ravioli ripieni, a scelta, di formaggio, funghi, frutta, cavoli o carne, i Gołąbki, involtini di cavolo ripieni di carne e di riso, i pyzy, gnocchi di patate con o senza ripieno di carne, e la karp, carpa in gelatina o fritta. Tra i dolci tipici si possono annoverare: makowiec, il cui ingrediente principale sono i semi di papavero, sernik a base di formaggio fresco e piernik a base di miele e spezie. Qualche numero….nutrizionale: (valori medi per porzione) BIGOS energia: 205Kcal protidi. 15g Lipidi: 13,5g di cui 9,60g animali Colesterolo: 35mg CHO: 5,8g Indice glicemico: 67,39g Fibra alimentare: 2g PIEROGI: energia: 244Kcal protidi. 30g Lipidi: 4,5 g di cui 5 g animali Colesterolo: 36mg CHO: 21,48g Indice glicemico: 70 Fibra alimentare: 2g SERNIK: energia: 582Kcal protidi. 38,9g Lipidi: 31g di cui 18,60g animali Colesterolo: 87mg CHO: 38,87g Indice glicemico: 80 Fibra alimentare: 2g

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