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La Varanasi del sud

Gokarna

Centocinquanta giorni. Tanti ne sono passati dal giorno della mia partenza. Da Piacenza, piccola città emiliana fino a Mumbai, metropoli da 17 milioni di persone sulla costa ovest dell’India. Attraverso mezza Europa fino in Russia. E poi la Mongolia e la Cina, il Tibet e il Nepal. Dalle steppe asiatiche alle montagne himalayane, desertiche sul versante tibetano, verdi e lussureggianti su quello nepalese. E poi la Ganga, il suo scorrere lento e sacro, la giungla e le risaie.
Finalmente dopo tanta terra e polvere sono arrivato ad un passo dal mare, di fronte all’oceano indiano.

Sono ad Anjuna, nello stato del Goa, il più piccolo di tutta l’India. Goa è famosa fin dagli anni sessanta per le sue spiagge, le sue feste ed una sorta di movimento hippie sviluppatosi in quegli anni. Oggi non è niente di tutto ciò. Le spiagge sono affollate, grandi macchine occidentali sfrecciano su strade perfettamente asfaltate e ben curate, ti aspetti feste alternative con il giusto mix tra elettronica d’occidente e strani strumenti d’oriente, ma ti ritrovi a ballare musica che non ha nulla a che fare con tutto ciò. Di hippie neanche l’ombra, solo tanti giovani israeliani che hanno appena finito la loro leva militare obbligatoria e sono pertanto interessati solo ad ubriacarsi e drogarsi all’impazzata.
Dormire nel Goa costa caro e così, dopo Mumbai, anche in questo caso mi viene in aiuto il couchsurfing. Alloggio da Prateek, un mezzo genio informatico che a soli ventiquattro anni sta facendo i soldi lavorando nel digital marketing per una compagnia spagnola. La sua casa è bellissima e dotata di ogni confort, è il posto più bello dove ho potuto dormire dalla mia partenza. Al piano superiore abita un gruppo di studenti che Prateek chiama affettuosamente i “bambini - the kids”. Universitari di casta alta, ammazzano le loro giornate tra canne e play station.

Io ho invece una voglia matta di andare in mare, ma la casa è piuttosto distante dalla spiaggia e quindi devo assecondare i tempi dei ragazzi indiani, i quali stonatissimi non hanno la benché minima voglia di uscire nel mondo reale.
Mi invitano ad una festa per la sera stessa e non vedo l’ora dal momento che Goa è famosa per questo ed è da Pechino che non faccio una serata fuori che possa essere definita tale. Delusione totale, anche qui persone strafatte senza senso del divertimento. Evado dalla situazione, passeggio in spiaggia sul bagnasciuga e almeno riesco ad infilare i piedi nel mare. Ah che bella sensazione! Docili onde si infrangono finalmente sui miei pallidi piedi. L’acqua è calda, la luna splende sopra l’orizzonte, sarà piena tra pochi giorni.
Dietro le mie spalle musica tamarra ad altissimo volume, vociare di ragazzi ubriachi e odore d’erba. Non era quello che avevo immaginato in questi centocinquanta giorni come primo approccio al mare, ma non ci faccio troppo caso. Ho imparato a godere le situazioni per quello che sono senza pormi troppe aspettative.
Il giorno dopo il mal di testa è generale, così l’appuntamento con la spiaggia è ancora una volta rimandato. Al terzo giorno riesco finalmente a raggiungerla e a godermi una bella nuotata. La spiaggia è tuttavia sporca e molto affollata, con sdraio, lettini e ombrelloni. Venditori ovunque, persino equilibristi sul bagnasciuga. È una situazione surreale: mi rendo conto di essere in India solo per le immancabili mucche sacre, presenti anche qui a brucare alghe dagli scogli durante la bassa marea.

Capisco che il Goa non fa per me e così ringrazio Prateek; il giorno dopo prendo il treno per Gokarna, più a sud a circa due ore, nello stato del Kernataka. Avevo letto di questo villaggio e spesso nel mio itinerario mi era stato segnalato da altri backpackers più in linea con le mie attitudini.
Non mi sbagliavo. La Varanasi del sud, a ridosso del mare, è un villaggio meraviglioso. Mai soprannome fu più azzeccato: Gokarna è ricca di templi, di asceti, di brahma e sadhu. L’energia è positiva così come le vibrazioni percepite.
Goa è lontanissima, qui è appena finita la stagione delle piogge e nelle spiagge c’è fermento a ricostruire quello che il monsone ha appena distrutto. Spiagge chilometriche e deserte. Pochissime persone e rarissimi turisti in questo periodo dell’anno. Ci sono belle onde e non è raro vedere qualche surfista a nord, le spiagge sono larghe e risentono delle maree, tuttavia non vi sono alghe a sporcare la spiaggia. Proprio la spiaggia inizia dove finisce una piccola giungla fatta di palme e mangrovie, dentro la quale, nascosti dalla vegetazione, è facile trovare templi bellissimi eretti in onore di Shiva o di Ganesh, il dio elefante molto onorato da queste parti.

Alloggio a Kudle beach, circa venti minuti a piedi dal villaggio, in un bungalow di fango e rami di palme di cocco direttamente sugli scogli per meno di tre euro a notte. Dal mio letto si può vedere tutta la spiaggia e la notte il mare con le sue onde a infrangersi sugli scogli mi fa compagnia.
Oltre al mare anche un simpatico gattino che ho ribattezzato Shanti il quale in una settimana si è affezionato e tutte le sere veniva a dormire sul mio letto. Una mattina mi ha fin portato nel bungalow un serpente d’acqua appena cacciato. Io sono miope e in quel momento senza occhiali né lenti ho pensato fosse un serpente di terra, non una bella sensazione nel paese dei cobra…

Di fianco a me una coppia di israeliani molto diversi dai tipici israeliani conosciuti nel Goa. Stringo amicizia, sono veri viaggiatori e la sera ci ritroviamo davanti ad un piccolo fuoco con il mare sullo sfondo a parlare di storie, di viaggi ed esperienze. Mi raccontano di come hanno vissuto l’inizio della guerra nelle scorse settimane e che non li ha toccati più di tanto poiché in Israele ti accorgi della guerra solo quando ti ritrovi a fare servizio di leva nell’esercito. Uomini e donne sono obbligati a prestare servizio, i primi per tre anni mentre le donne per due. Trentasei mesi sotto le armi, a volte pure combattendo, e quando tornano nel mondo reale si ritrovano con qualche migliaio di dollari in tasca e tanta voglia di vita che, purtroppo, data la giovane età, trasformano in consumo irrefrenabile di droga e alcool. Nulla di troppo diverso rispetto a tanti occidentali, ma avendo qualche soldo in più da parte, questi si ritrovano in posti esotici a fare rave e party, specialmente in Asia. Non ho nulla contro tutto ciò, ma spesso mi infastidisce quanto siano poco rispettosi dell’ambiente e della cultura con cui si rapportano.

Gokarna per me è invece l’occasione opposta, quella di riequilibrarmi tra meditazione e yoga, lunghe nuotate nell’oceano e altrettanto lunghe camminate nella giungla a scoprire la campagna circostante. Torno a svegliarmi all’alba e ad addormentarmi poche ore dopo il tramonto, il telefono non prende e quindi posso ricominciare a leggere tanto e a concentrarmi su me stesso.
L’India offre tantissimo, ma assorbe anche tanta energia, ogni cosa è una trattativa o una discussione, ogni spostamento è lungo e talvolta complicato. Allo stesso modo il tempo sembra scorrere lento, quando in realtà corre via veloce. La sosta a Gokarna è l’ultima prima di tanti giorni di viaggio, per raggiungere l’altra costa, quella del Tamil Nadu, dove a Chennai prenderò il traghetto per le isole Andamane.
Cerco di assorbire tutta l’energia positiva presente in questo piccolo villaggio: al tramonto vado nei templi sul mare, all’alba medito sugli scogli, a volte nel pomeriggio capita di giocare a calcio sulle spiagge con ragazzi indiani i quali hanno scoperto questo meraviglioso sport solo da pochi anni.
Il mare riesce a trasmettermi pace e tranquillità, mi fermo la sera a riflettere e a rivivere le emozioni passate in questi centocinquanta giorni sulla strada. È cinque mesi che sono lontano da casa e mi manca tanto la mia famiglia e i miei amici, ma la vita di tutti i giorni, regalandomi viste mozzafiato, emozioni e incontri, mi riempie il cuore addolcendo tale mancanza.

Tra pochi giorni sarò dall’altra parte dell’oceano indiano per provare ad attraversarlo fino alla terra del sorriso, la Thailandia. In mezzo la sosta alle isole Andamane, un luogo incontaminato che spero mi dia le chiavi di accesso per il sud est asiatico.
Sono carico ed emozionato e la sosta a Gokarna mi ha aiutato a ricaricare le batterie, ormai prosciugate dopo il lungo viaggio a sud, i ritmi snervanti di Mumbai e l’ozio senza senso del Goa.



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The Varanasi of the South
One hundred and fifty days. So many had passed since I left. From Piacenza, little emilian city, till Mumbai, metropolis of 17 million people on the Indian west coast. I crossed half Europe till Russia. Then Mongolia and China, Tibet and Nepal. From asian steppes to himalayan mountains, desertic on the tibetan side, green and luxurious on the nepalese front. And then the Ganga, its holy and slow motion, the jungle and the rice fields. Finally after so much ground and dust I'm a step away from the sea, in front of the Indian Ocean.

I'm in Anjuna, in the state of Goa, the smallest of all India. Goa is famous from the 60's for its beaches, its parties and a sort of hippie movement came out in those years. Today is everything but this. Beaches are crowded, big western cars speed on perfectly paved and well-finished road, you bet you'll get to alternative parties with the right mix of western electronic and bizarre eastern instruments, but you end up dancing with music totally different from this. Neather the shadow of a hippie is seen, you only find many israelian guys who have just finished their mandatory military service and so their goal is get drunk and drugged till the end. Sleeping in Goa is expensive, so after Mumbai, I take adventage of couchsurfing. I stay to Prateek, a half informatic genious who is earning money working in the digital marketing field for a spanish company and he is only 24. His house is beautiful and has all the comforts, it's the most amazing place I had ever slept since I left. A group of students , who Prateek with love calls "the kids", lives at the first floor. They are college students coming from a high caste, they waste their days between joints and playstation.
I have the strongest will to go to the beach, but the house is far away from it and so I have to put up with indian guys timing, who, wasted have no feeling to go out in the real world. They invite me to a party for the same night and I'm looking forward to it because it's been since Pechino I haven't partecipated to a decent one and moreover, Goa is famous for this. Total disillusion, I found here more sloshed people without any sense of amusement. I escape from the situation, I take a walk on the beach and I put my feet in the water. Such an amazing sensation!

Docile waves smashes on my feet. The water is warm, the moon is shining over the horizon, it will be full in a few days. Behind my back I hear strong music, yelling of drunk guys and smell of weed. This approach to the sea wasn't what I had imagined in 150 days, but I don't take it personally. I learnt to take pleasure from every situation for what they are without any aspectations. The day after, everyone has headache so my date with the beach is postponed. In the third day i finally got there and I took a good swim. The beach is dirty and crowded, with beach chair, beds and umbrellas. Sellers are everywhere, also performers of balancing acts on the water's edge, the situation is surreal: I recognized to be in India just for the holy cows, which are also here, browesing algae from the rocks during the low tide. I understand Goa is not for me and so I thank Prateek; the day after I take the train to Gokarna, two hours southern, in the state of Kernataka. I had read about this village closer to my attitudes and often it had been suggested to me by other backpackers during my trip. I wasn't wrong. The Varanasi of the south, close to the sea, is a fantastic village. Any nickname could be more perfect for it: Gokarna is reach in temples, ascets, brahmas and sandhus. The energy is positive as the perceived vibrations. Goa is really far away, the rain season has just ended here and people are exited to build up everything again after the monsoon. Kilometric and deserted beaches. Few people and rare tourist at this time of the year. There are beautiful waves and it's easy to see some surfers in the north, beaches are large and are affected by tides but there are no algae which get dirty the beaches. The beach begins where a little forest of palms and mangroves stops, it's easy to find amazing temples for Shiva or Ganesh, the elephant God so worshipped in this area, inside of it, hidden by the plants.

I stay in Kudle beach, 20 minutes walking from the village, in a bungalow of mauld and coconut palm trees branches on the rocks for less than three euros per night. From my bed the entire beach can be seen and during the night, the sea with the smash of its waves keeps me company. A funny cat, which I have called Shanti, grew fond to me in a week and every night he comes to sleep with me. One morning he brought in my bungalow a water snake just catched and, since I am myopic and I wasn't wearing my glasses at that moment, I thought was a earth snake, not a good sensation in the land of cobras.
Next to me there is an israelian couple, very different from the one I had met in Goa. We become friends, they are true travellers and in the evening we meet in front of a fire with the sea as background, talking about experiences and stories of trips. They told me how they had felt the beginning of the war few weeks before and they admitted it didn't touch them very much because, in Israel, you realize there is war when you have to start the call up. Men and women are obliged to give their service, men for three years, women for two. 36 months under the guns, sometimes fighting also, and when they go back to the real world, they have few thousand dollars in their pockets and so much desire of living that, unfortunately, for their young age, becomes drug and alchool abuse. Not too different from the western, but having more money, they go to exotic places making raves and parties, above all in Asia. I have nothing against all of this but sometimes, their unrespectfull behaviour for environment and for other cultures gets on my nerves.

Gokarna is the opposite for me, finding balance between meditation and yoga, long swim in the ocean and as many long walks in the jungle to find out the surroundings. I start again to wake up with the sunrise and go to bed a few hours after the sunset, there is no signal and so I can go back reading a lot and focusing on myself.
India offers a lot but it absorbs a lot of energy, everything is a deal or an argument, each transfer is long and sometime complicated. At the same time, time seems to go slow while it runs really fast. The stop in Gokarna is the last one before many days of travelling to get on the other coast, the Tamil Nadu one, where in Chennai I'll catch the ferry boat for Andaman Islands.
I try to absorb all the positive energy of that village: during the sunset I go to the temples on the sea, during the sunrise I meditate on the rocks, sometimes in the afternoon I play soccer with the indian guys who discovered this beautiful sport only few years ago.
The sea transmits peace and calm, in the evening I stop to think and live again all the emotions felt in the past 150 days. It's been five months since I left and I miss my family and friends, but the everyday life, with its breathtaking views, emotions, meetings, fullfills my heart sweetening this lack.
In a few days I will be in the other side of the Indian Ocean to reach the land of smile, Thailand. In the way, the stop in Andaman Island, an uncontaminated place which, I hope, will give me the key to reach the south east Asia. I am ready and excited and the stop in Gokarna helped me to recharge my batteries, so pumped after the long way in the south India, the exasperating paces of Mumbai and the nonsense sloth of Goa.

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Commenti 1

Ospite - des chaussures louboutin il Mercoledì, 04 Novembre 2015 15:52

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