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10 giorni di silenzio, in lotta con la propria mente, per trovare l'equilibrio.

10 giorni di silenzio, in lotta con la propria mente, per trovare l'equilibrio.

Nel mio giro del mondo ho deciso di realizzare tanti piccoli sogni che covavo da diverso tempo. Tra questi vi era quello di partecipare ad una scuola di meditazione. Avevo iniziato ad interessarmi di meditazione dopo essermi recato in Birmania, nel 2011. C’era ancora la dittatura e pochi turisti la visitavano. Se si era abbastanza fortunati da trovare monaci capaci di parlare inglese, era quindi possibile chiacchierare e approfondire molte tematiche.

Scopro che  Siddharta Gautama si era illuminato, ovvero era diventato Buddha, in seguito ad una profonda e lunghissima meditazione, del cui metodo negli anni si era persa la tecnica. Per oltre 2500 anni tale tecnica era stata preservata, nella sua forma autentica , proprio in Birmania grazie ad un centinaio di monaci. Storia sicuramente interessante che ha scatenato in me la scintilla e ho iniziato ad informarmi sempre più sull’argomento. Tutto il sud dell’Asia è conosciuto come culla di diverse scuole di meditazione, cosi quando ho deciso di partire e di attraversarla per riuscire a compiere il mio giro del mondo mi ero promesso di frequentare un corso del genere. Attraverso diverse letture, da Terzani a Taglia, e diverse chiacchierate con persone che praticavano o avevano frequentato corsi, vengo a conoscenza della tecnica e del corso Vipassana.

Ciò che più mi ha convinto a scegliere questo corso è stato il fatto che fosse gratuito e che solo alla fine del corso si poteva decidere se effettuare o meno una donazione. Inoltre era una tecnica assolutamente laica in cui la religione non veniva presa in considerazione. Scopro poi che è proprio quella tecnica pura insegnata e praticata da Siddharta Gothama e di cui si erano perse le tracce per oltre duemila anni. È una delle scuole più dure al mondo ed effettivamente si è rivelata proprio così.

Ho passato dodici giorni chiuso in una sorta di ritiro vicino al parco naturale di Shivapuri ad un’ora circa da Kathmandu. Con me altre duecento persone. Il primo giorno, quando ci siamo ritrovati in città per partire sembrava di essere alla zona “accettazione gruppi” dell’aeroporto, dove si scrutano tutti gli altri partecipanti all’agognata vacanza. Tutti con le medesime facce, speranzose e cariche di buone intenzioni. Dopo il discorso iniziale in cui ci vengono fatte presenti le regole del corso veniamo portati nella nostra nuova casa. Le regole sono molto rigide: non rubare, non mentire, non uccidere alcun essere vivente (incluse le zanzare), astenersi da qualunque atto sessuale, non parlare. Se le prime quattro non sono così difficili da rispettare, l’ultima è decisamente più ardua. Il silenzio richiesto è il silenzio nobile, ovvero astenersi da qualunque forma di comunicazione, verbale e non, per i 10 giorni del corso. Il giorno del trasferimento è il giorno zero e solo all’undicesimo giorno si può parlare e rientrare in città. Dieci giorni di assoluto silenzio e assenza totale di interazione con altre 199 persone. Cellulare e computer vengono requisiti e resteranno inaccessibili per tutta la durata del corso insieme a libri e qualsiasi cosa che possa permettere di scrivere. Oltre a ciò uomini e donne sono divisi e non possono  in alcun modo venire in contatto. Occorre inoltre vestirsi con pantaloni lunghi e maniche lunghe per chi, come me, è tatuato. Sguardo fisso a terra quando si cammina perché è vietato pure guardarsi negli occhi.

Sono capitato in stanza con un ragazzo brasiliano di chiare origini italiane il cui nome era Cassio, surfista che divideva la sua vita tra Indonesia e Brasile. Mi racconta che assomiglio tantissimo a suo padre il cui nome era proprio Claudio. Veniamo accolti con un po’ di frutta e con un discorso in cui si espongono nuovamente le regole e la suddivisione della giornata. Da li in poi parte il silenzio. Inizialmente lo prendi quasi come un gioco, sicuramente come una sfida, non pensi minimamente a quanto possa essere difficile e quanto possano essere lunghi e interminabili dieci giorni.

Dieci giorni tutti uguali con la sveglia alle 4 del mattino e alle 4,30 già della sala a meditare per due ore. Poi dalle 6,30 alle 8 si ha il tempo di fare colazione e riposarsi un po’. Alle 8 di nuovo a meditare per un’ora, poi le istruzioni del maestro e altre due ore di esercizi di meditazione. Alle 11 si pranza e fino alle 13 si è liberi. Ed ecco che arriva il bello, un ora e mezza di meditazione, poi un ora con i maestri, poi ancora un ora e mezza di meditazione: quattro ore filate con pausa di 5 minuti. Alle 17 tempo un’ora per fare merenda con un po’ di frutta, the e riso soffiato con arachidi. Questa è la nostra cena perché fino al giorno dopo non è consentito mangiare, immaginatevi quindi anche la mia problematica del diabete. Dalle 6 alle 7 si medita ancora e poi finalmente il momento tanto atteso del discorso finale, ogni giorno, dalle 7 alle 8,30. Momenti indimenticabili perché incredibilmente il messaggio del maestro era esattamente quello che durante la giornata ti era passato per la testa. Tutte le difficoltà e i dubbi non necessitavano di essere raccontati perché già lui ti anticipava tutto. Incredibile davvero.

Alle 9 poi tutti a letto per dormire.

I primi due giorni passano abbastanza tranquilli, decisamente noiosi perché ci si concentra sul respiro e la mente continua imperterrita a distrarsi. Viaggia, viaggia e viaggia catapultandosi di qua e di la senza logica o senso apparente. Ricordi sbiaditi, brutte esperienze, bellissime situazioni e ricordi indimenticabili si alternavano senza sosta e logica. Inoltre le gambe e la schiena facevano malissimo per le interminabili ore in cui mantenere la posizione.

In quei momenti fai letteralmente a pugni con la tua mente e il silenzio incomincia a farsi pesante. Il terzo giorno è uno dei più difficili perché sei ancora concentrato sul respiro e incominciano a saltar fuori i ricordi più spiacevoli. Pensi di mollare e tornare a casa, pensi che sia tutto completamente stupido e inutile, ma essendo la prima crisi, non ne tengo conto e decido di tener duro. Nel frattempo tuttavia già un po’ di persone avevano rinunciato ed erano tornate a casa.

Il quarto giorno finalmente veniamo introdotti alla tecnica vera di Vipassana e si capisce finalmente come i primi tre giorni fossero propedeutici ad allenare la mente a concentrarsi per così tanto tempo. Finalmente passiamo oltre e le giornate seguenti scorrono via bene perché finalmente non ci si concentra più unicamente sul respiro, ma si comincia a spostare l’attenzione sul proprio corpo. La notte si fanno sogni incredibili e si cade in un sonno profondissimo, tuttavia la mente imperterrita continua a lavorare. Scoprirò solo alla fine che si trattava del lavoro del mio inconscio e che stavo elaborando tutte le vecchie esperienze che mi avevano portato fin li.

Il sesto giorno, puntuale come un orologio svizzero arriva la crisi. Ero alla meditazione del primo pomeriggio, quella più pesante e sento il mio respiro farsi sempre più pesante. Il cuore incomincia a battere forte e mi sento in agitazione. Esco un attimo dalla sala e vado a bermi un bicchier d’acqua. Sempre peggio, il respiro è affannato e il cuore batte a mille. Voglio parlare, voglio urlare, voglio prendere a calci e schiaffi qualcuno, chiunque, anzi proprio quel volontario che mi stava tanto sulle palle. Gli spaccherei la faccia solo per il gusto di farlo. Voglio scappare, andarmene via. Tornare al villaggio, dai ragazzi, voglio accendere il telefono vedere come va il sito.

Mi rendo conto che la mente sta deviando grazie ad un altro volontario che capisce la situazione e cerca a gesti di tranquillizzarmi.  Credo che fosse un attacco di panico. Non ne ho mai avuto uno in vita mia, ma ritengo  fossi proprio in quella situazione perché non riuscivo in alcun modo a ragionare.

Ma li è stata la svolta. Sono rientrato, mi sono calmato e l’ora dopo sono riuscito per la prima volta a fare una bella meditazione, concentrato e immobile. Un altro volontario, in barba al regolamento, mi fa il segno del pollice alzato e mi infonde una dose incredibile di fiducia ed energia. La sera durante il messaggio del maestro scopro che il sesto giorno è quello in cui statisticamente avvengono maggiori abbandoni. Tutto scritto insomma.

Gli ultimi giorni scorrono via bene e ottengo ottimi risultati. Sono molto più tranquillo ed equilibrato. La sensazione in generale è di benessere fisico e mentale e sento la mia mente sempre più scarica, ma nel contempo concentrata e iperattiva. Sembra quasi ripulita, da tutte le vecchie scorie.

Cambia la prospettiva delle situazioni e capisco molti errori del passato: l’analisi è il più equanime possibile e mi prometto di perdonare le persone che più mi han fatto soffrire nella mia vita. Sento un gran peso andarsene e scivolare via. Son sempre più sereno e felice. Più si avvicina l’ultimo giorno e più si spera che anche le altre persone possano vivere così e provare questa sensazione di pace ed armonia.

E proprio questo è il risultato finale, quando si ricomincia a parlare e il silenzio viene rotto sono tutti amici, sorridenti, ci si congratula a vicenda perché si capisce di aver superato una sfida davvero impegnativa. Il silenzio alla fine era necessario perché l’unico modo per metterti di fronte a certe realtà ed abbattere certi muri che negli anni ti eri costruito. È stata una delle esperienze più ardue, forti, belle e gratificanti di tutta la mia vita. L’ho assaporata nel momento migliore e sento mi potrà aiutare tanto. Uscito ho scritto a tante persone, augurando di poter trovare l’armonia.

 

Possiate davvero tutti essere felici e trovare l’armonia. Tutte le negatività e anche le positività del mondo rispondono ad una legge naturale impossibile da sfuggire: tutto è impermanente,nasce, si sviluppa e poi scompare. Avere un atteggiamento equanime verso sia le cose positive che quelle negative è l’unico modo per vivere in pace con se stessi e gli altri.

 

Io ho trovato in Vipassana la chiave di svolta, ma ognuno potrà trovarla a suo modo. Cercherò tutti i giorni di meditare. Ho descritto la mia esperienza  e le mie emozioni cercando di non svelarvi tutta la tecnica, ma sarò ben lieto di voler approfondire con chiunque me lo chiedesse. Anche su come poter partecipare a questi corsi che si tengono , tra l’altro , anche in Italia.

Per tutti il mio augurio è di essere felici e di vivere in pace.

Prendetevi il vostro tempo, non trascurate voi stessi.

Namastè.

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