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E ogni pausa è cielo in cui mi perdo, serenità d’alberi a chiaro della notte.

Gli ultimi giorni in Messico li ho passati sulle rive di una laguna magica, acqua turchese e paesaggi morbidi. Avevo bisogno di riordinare un po' le idee prima di volgere verso il Belize e gli altri stati centroamericani.
Nella mia testa avevo in mente di trascorrervi solo un paio di giorni, giusto il tempo di ricaricare le batterie.
Invece la laguna di Bacalar mi ha rapito, con i suoi ritmi lenti e la sua acqua che ad ogni ora del giorno cambiava colore.

 

Al tramonto l'occasione di poter navigare a bordo di un piccolo catamarano a vela, verso lidi un tempo di dominio pirata. Una delle loro "tortuga" era proprio qui, un luogo dove anche questi marinai solevano rinfrancarsi dopo mesi passati a cavalcare le onde e predare.
Ci sono luoghi che restano nell'animo e la laguna di Bacalar è proprio uno di questi.
Avrei passato settimane intere in quel paradiso, ma la strada mi ha riportato all'ordine.
Di nuovo un confine, un nuovo timbro sul passaporto, nuovamente una frontiera da attraversare.
Parto di prima mattina carico di malinconia per dover salutare quel luogo e il Messico tutto, un paese che inizialmente mi aveva deluso, attraversando la Baja California, ma che poi, come una timida musa, mi ha concesso emozioni forti e regalato paesaggi indimenticabili.
La voglia di curiosare nel mondo tuttavia vince la malinconia in poche ore, il tempo di trovarmi catapultato in una nuova realtà: il Belize.
Il più piccolo stato dell'America centrale, ex colonia britannica.
Qui non si parla lo spagnolo, ma l'inglese e il creolo.
I bus sono scassati peggio di quelli messicani, ma la gente appare subito gentile e ospitale sebbene i connotati fisici siano più marcati rispetto ai cugini col sombrero.
Qui la popolazione è un misto tra europei, americani e indigeni del caribe.
Corporature robuste, pelle nera e occhi seriosi. Pochi sorrisi per la verità, ma sempre disponibili e cordiali.
Su suggerimento di un ragazzo belga, incontrato a Oaxaca in ostello, mi fermo subito a pochi chilometri dal confine, ad Orange Walk.
Villaggio senza pretese, sembra quasi fantasma poiché arrivo di domenica e nulla è aperto.
Trovo alloggio in uno squallido hotel cinese che mi offre le camere più economiche, tuttavia oltre il triplo rispetto al Messico.
Questa cittadina è la via di accesso all'antica città Maya di Lamanai.
Purtroppo l'unico modo per raggiungere questo sito archeologico è grazie a barche passando attraverso un fiume.
Non c'è modo per raggiungerlo in maniera autonoma e quindi mi piego ad una escursione organizzata, quindi per nulla economica.
Il tragitto in barca è tuttavia notevole, il fiume scorre languido e tranquillo, quasi si fatica a riconoscere il senso della corrente. È lo specchio del cielo, incorniciato in una giungla lussureggiante.
Sulle rive diversi animali come iguane, serpenti, coccodrilli e scimmie ragno.
L'arrivo a Lamanai è battezzato dalla prima pioggia tropicale dai tempi del Nepal e i suoi monsoni.
Fortunatamente dura poco e ci accingiamo a visitare l'antica città. A parte i componenti della barca, nessun turista in giro. La giungla pian piano rivela antichi templi e piramidi.
Palenque nel Chiapas già mi aveva emozionato per questi monumenti in roccia nascosti dalla vegetazione, ma qui, complice l'assenza di turisti, le emozioni sono ancora più marcate.
E alla ricerca di emozioni forti sposto il mio orizzonte verso Caye Caulker, un piccolo isolotto, di fronte alla capitale, porta di accesso per il famoso Blue Hole, letteralmente il buco blu.
La popolarità del sito fa alzare notevolmente i prezzi e, a malincuore, accetto di svenarmi pur di non perdere l'opportunità di immergermi in quel cerchio perfetto disegnato dalla barriera corallina.
Mi alzo all'alba per poter raggiungere l'atollo e dopo tre ore di navigazione sono finalmente sul posto e posso immergermi nel grande blu.
Grandi squali pinna nera a darmi il benvenuto tra le stalattiti di una grotta meravigliosa a quaranta metri di profondità. Intorno il blu non è limpido a causa della scarsa corrente.
L'emozione non è forte, purtroppo a parte la grotta e gli squali l'immersione non è nulla di che.
Mi trovo tuttavia nella seconda barriera corallina più grande al mondo e per fortuna l'escursione incomincia a trovare il giusto valore dalla seconda immersione nel vicino parco naturale.
Coralli, gorgonie, pesci pagliaccio, cernie, squali, barracuda, grotte e anfratti.
Semplicemente stupendo.
Nell'isolotto decido di fermarmi qualche giorno e ho l'occasione di conoscere Capitan Amado, un uomo del Nicaragua trasferitosi qui per organizzare eco tour nella zona.
Mi racconta di come il turismo e, soprattutto alcuni atteggiamenti per nulla ambientalisti delle compagnie turistiche, stiano stravolgendo tutto l'eco sistema dell'area.
Amado pare l'unico davvero interessato a preservare quest'autentico paradiso. La sera tra una birra e l'altra mi parla di un luogo al confine con il Guatemala: San Ignacio. Complice l'alga Sargasso che invade le coste sud del Belize, partiamo il giorno successivo proprio alla volta di questo paesello.
La strada tra le montagne è impervia e bellissima. Le curva sembrano quasi ipnotizzarmi e tutto intorno la natura è foltissima.
Inizia la giungla e proprio dentro di essa trovo alloggio da Marcos, un pittore amico di Amado.
È un tipo tranquillo, espone quadri a Miami ma vive umile nei suoi capanni.
Uno di questi è per me e posso così godere di un luogo autentico senza pretese.
Questa zona è famosa per le sue caverne, ma ancora una volta non vi è la possibilità di raggiungerle in maniera autonoma.
Mi affido pertanto a David, rasta che si propone di portarmi in un fiume non conosciuto per poter ammirare alcune tra le più belle grotte di tutto il Belize.
Accetto anche se conscio che, dato il prezzo, tale escursione segnerà la fine della mia permanenza in Belize.
Questo piccolo stato del centro america è economico per cibo e trasporti a patto di sapersi adattare, ma i prezzi per le escursioni sono folli. Purtroppo queste ultime, a causa dell'assenza di un turismo interno, non permettono una visita in autonomia.
L'occasione di poter visitare le grotte di Burton creek con David è tuttavia ghiotta in quanto questo smilzo rasta è stato tra i primi ad esplorarle.
Effettivamente queste grotte, visitabili solo in canoa, sono bellissime. L'ingresso del fiume nella fessura della montagna è quello che gli antichi Maya consideravano la porta d'accesso all'aldilà. Lo scorrere lento del fiume, il silenzio, la stretta canoa che si infila nei pertugi, i candelabri di stalattiti creatisi in milioni di anni mi hanno lasciato a bocca aperta.
Un'autentica esperienza mistica con cui mi congedo da questo bellissimo paese. Un paese che, purtroppo, è ad appannaggio di quei pochi che possono permetterselo.

Non temere di percorrere una lunga strada, se sei ...
La vida no es la fiesta que habiamos imaginado, pe...

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