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E' sufficiente sapersi nomadi una sola volta per avere la certezza che si ripartirà

Vulcano Acatenango

Il Guatemala lo ammetto, é un luogo affascinante che mi ha stregato.
Mi ha colpito duro nell'anima, quell'anima ormai forgiata da viaggiatore.
Le persone innanzitutto, mi hanno impressionato.


In senso positivo ovviamente. I sorrisi e gli abbracci sinceri. Il loro aiuto, la loro disponibilità. Non smetterò mai di dire che mi ricordano il popolo nepalese, così fieri e orgogliosi, ma anche così umili e gentili.
E come il Nepal ha l'Himalaya, il Guatemala ha nei suoi vulcani e laghi il trionfo della propria natura.
Mancava tuttavia un ultimo tassello, un ultima esperienza per poter esaurire degnamente il periodo guatemalteco prima di volgere a sud.
Antigua Guatemala. L'antica capitale.
Una città semplicemente meravigliosa che mi ha rapito totalmente.
Una città dalla storia fiera e dalle architetture barocche di derivazione ispanica.
Per le vie gli edifici sono coloratissimi e i tetti in legno creano un morbido contrasto.
La piazza centrale, così viva, è lo specchio del Guatemala. Il cuore pulsante ad ogni ora del giorno e della notte.
Arrivo in città nel giorno dell'indipendenza, la festa nazionale.
L'aria è frizzante, c'è voglia di divertimento in giro. Non mi preoccupo dei potenziali pericoli derivanti da una festa di massa in centro america e mi butto tra la gente. Mi invitano a ballare, a mangiare, mi fermo a chiacchierare con un paio d'anziani dall'aria paffuta. Mi raccontano storie di guerriglia e di amori d'altri tempi.
Sono emozionato a partecipare a tutto questo.
I bambini sfilano per le vie del centro suonando con la banda della scuola.
La musica è dappertutto qui in Guatemala. Da lontano sento una marimba, mi avvicino e mi lascio poi contagiare dal ritmo.
Il giorno dopo continuo il mio vagare casuale nelle vie della città.
Tra le vie passano i coloratissimi chicken bus, vecchi scuola bus americani riadattati a trasporto pubblico. Sono lo specchio del Guatemala e di questa città: colorati, fiammanti. Unici.
Mi allontano dal centro e mi imbatto casualmente in un lavatoio pubblico.
Qualcosa che era presente anche nelle nostre terre in passato e che al giorno d'oggi avevo trovato solo in Nepal. Ecco ancora il Nepal tornare nella mia mente.
Al lavatoio una signora mi guarda incuriosita mentre lava i vestiti.
Mi avvicino e per nulla timida continua a lavare raccontandomi della sua famiglia.
Nessuna timidezza, solo il piacere di condividere le proprie storie.
Quello che mi mancava in Nepal qui è possibile trovarlo grazie al fatto di poter parlare la lingua locale.
Mentre torno in ostello il sole tramonta dietro i vulcani colorando ancora di più le strade di ciottoli.
Ad ogni angolo è possibile scorgerne uno, ma è l'Acatenango a svettare. 3976 metri di maestosa piramide. Lo guardo estasiato come se fosse una sirena.
E così in testa mi balena l'idea di volerlo scalare. So che è possibile con una escursione di due giorni.
Il giorno successivo parto all'alba. Arriviamo dove inizia il sentiero, a 2200 metri. Mentre ci prepariamo dal cammino scendono alcuni ragazzi che esultano come per un goal in finale. Capisco che deve essere un'esperienza unica.
Si parte.
Zaini carichi sulle spalle e via verso la vetta.
Circa 1500 metri in un'unica giornata, d'altronde la forma del vulcano prevede una salita estenuante e costante. Non esistono passaggi piani, solo salita per sei lunghissime ore. A volte il cielo minaccia pioggia, ma fino all'accampamento riusciamo a scamparla. Una sosta ad ogni ora per recuperare qualche energia.
Le gambe si fanno sempre più dure ad ogni pausa e la vista è sempre più mozzafiato.
Seguo la guida, ma è la mente a comandare e dettare i tempi dei passi.
È durissima, ma sono molto determinato.
Mi aspetta la mia prima vetta a quasi 4000 metri.
Arriviamo nel pomeriggio esausti all'accampamento e montiamo le tende.
Siamo i primi ad arrivare e possiamo così prendere le zone migliori dell'accampamento. Davanti ai nostri occhi il Volcano de Fuego che erutta a tutte le ore.
Il suono è quello di un tuono a pochi metri di distanza, la vista sublime.
Inizia a piovere, forte.
Si fa buio e a illuminare la notte la lava e gli zampilli del vulcano.
Un'immagine grandiosa, propria di una natura dominante e ancestrale.
Le eruzioni sono anticipato da veri e propri bombardamenti.
La lava è rossa, di un rosso mai visto prima.
La pioggia insistente si trasforma in tempesta e intorno alla vetta del vulcano iniziano a concentrarsi tuoni e lampi. La guida ci spiega che ciò accade per via della forza magnetica del vulcano.
Sono estasiato, folgorato da queste immagini.
Sono a pezzi, ma non riesco a dormire, troppa è infatti l'eccitazione.
Alle 4 del mattino suona la sveglia, il vulcano di fronte continua ad eruttare. Partiamo col buio, ci attende l'ultima salita. Due ore per raggiungere il cratere e poter ammirare l'alba.
La salita finale è dilaniante a causa del terreno sempre più sabbioso.
Mi volto, il cielo inizia a colorare la valle.
C'è freddo, ho le mani congelate, ma il mio cuore è bollente.
Tocchiamo la cima, camminando intorno al cratere.
Lancio un urlo liberatorio, per la prima volta in vita mia sono arrivato con le mie gambe a sfiorare i 4000 metri.
La soddisfazione è enorme.
La vista sontuosa. Cammino su terra negra, osservando il cielo rosa e arancione e il sole sorgere dietro agli altri vulcano.
Antigua è lì sotto che si sveglia timida e silenziosa.

Una delle immagini più belle di tutta la mia vita è il giusto saluto e tributo ad una delle terre più belle ed emozionanti di tutto il mio giro del mondo.
Ciao Guatemala, grazie per avermi fatto sentire così vivo.

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Diversivo, distrazione, fantasia, cambiamenti di m...
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