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Viaggiare, è chiedere di colpo alla distanza ciò che il tempo non potrebbe darci che poco a poco.

Colombia

Quasi senza accorgermene erano passate cinque settimane dal mio arrivo in Colombia.
Il tempo che è volato, letteralmente.
L'ho vissuta tanto, intensamente, senza fretta.
Prima Cartagena, la fantastica.

La città che mi ha dato l'accesso al Sudamerica, con i suoi edifici coloniali, coloratissimi. Con la sua rumba, con la sua gente. Cartagena è stata il porto che mi ha regalato la convinzione che un giorno sarò per mare, grazie al Gitano Del Mar, un catamarano magico. Quel catamarano in cui una notte di luna piena, guardando le stelle ho danzato con i delfini. 

Un mese per mare e la voglia di tornare a camminare seriamente, tornare a macinare chilometri sulle proprie gambe, guadagnarsi paesaggi indelebili nella memoria grazie alla propria fatica. La ciutad perdida, un trekking di cinque giorni nella giungla alla riscoperta della natura e di rovine ancestrali. Sotto la guida attenta di popolazioni locali sempre disponibili a condividere le proprie tradizioni e segreti.
Un trekking nella giungla che mi ha regalato anche la prima vera disavventura del mio giro per il mondo: tanti i morsi di zanzare in quei giorni, uno letale.
Ero sulla costa a Santa Marta, pronto a visitare alcuni villaggi del caribe quando un sabato sera rientro presto in ostello. Sento nausea e spossatezza. Mi addormento in pochi minuti e nella notte mi sveglio sudato e con la febbre alta. La mattina dopo mi reco subito in ospedale, ma gli esami del sangue escludono qualsiasi complicazione. Torno in ostello, la febbre sale ad oltre 39. Per quasi diciotto ore non scende di una linea. È dengue.
In realtà il decorso è rapido e i giorni successivi trascorrono bene, in convalescenza in ostello. Il quarto giorno ripeto gli esami, pare tutto ok e così la sera parto per Bogotà. Le glicemie tuttavia restano costantemente e inspiegabilmente alte. Non mi sento in formissima, ma penso sia a causa del freddo, il primo da oltre un anno. Nel frattempo la capitale mi regala grandi emozioni tra le sue vie. La Candelaria, il barrio dove fu fondata Bogotà è meravigliosa e camminare per le sue vie tra case coloniali, musei e ostelli mi diverte un mondo. Ma il freddo non mi aggrada e così mi sposto verso la città dell'eterna primavera, Medellín. È natale e lo trascorro tra le statue di Fernando Botero e notti a ballare la salsa. Ne comprendo il significato per le persone del luogo e resto affascinato da questa città in pieno sviluppo, ma così vivibile. I dintorni poi sono suggestivi, il bellissimo e coloratissimo villaggio di Guatapè è il mio personale regalo di Natale.
Mi fermo quattro giorni in questa bellissima città prima di volgermi a sud. Il giorno in cui parto per Salento mi sveglio con macchie rosse che sembro aver contratto il morbillo. In realtà è lo sfogo della dengue che mi fa preoccupare per tutto il lungo viaggio.
Arrivo a Salento e l'appuntamento è subito con l'ospedale locale. Il medico conferma che ho contratto questa malattia tropicale e mi consiglia riposo. Ho così l'opportunità di approfondire meglio questa zona tra le sue verdi montagne e rigogliosi fiumi. Poco lontano c'è una valle di palme altissime: la valle di Cocora. In condizioni normali l'avrei visitata con lunghe camminate, ma in questo caso opto per una gita a cavallo.
Raggiungo la cima di una collina dalla quale la vista è mozzafiato. Una valle che racchiude tutte le tonalità del verde, avvolta dalle nuvole bianche e dal cielo turchese.
Mi fermo a contemplare questo spettacolare dipinto della natura e incomincio a realizzare quanto mi abbia rapito questa nazione. Con il suo mare, le sue città, le sue montagne, la sua giungla e i suoi boschi.
Scendo ancora più a sud, voglio visitare Cali e godere della sua festa di fine anno. Per le strade si balla la salsa ed è festa ad ogni angolo. Guardo le persone passeggiare e all'improvviso ballare. Sento energia nelle vene.
Il sorriso è la costante sulla faccia dei colombiani e questo mi regala un irritante buon umore.
Le città colombiane sono belle, ma voglio tornare a visitare quelle più piccole, così mi dirigo a Popayan, la città bianca. Tutto il centro è bianco e candido. Le chiese non si contano. Qui la semana santa, ovvero la settimana di Pasqua viene celebrata con cortei che sfilano in tutta la città. È la piuùù grande celebrazione della pasqua dopo quella di Siviglia, in Spagna.
La dengue ormai è superata, ma non mi fido ancora a visitare aree remote e così mi trovo a saltare San Agustin, un posto segnalato dai più come il sito più bello di tutta la Colombia.
Ed ecco che senza accorgersi erano già passate cinque settimane.
Cinque settimane in un paese che mi ha letteralmente conquistato nonostante le disavventure. Anzi proprio in quelle mi sono accorto della bellezza e bontà del popolo colombiano.
C'è chi dice sia pericoloso, io ho avuto l'impressione opposta.
Certo, c'è da stare attenti in certe zone e verso l'Amazzonia il problema della cocaina è ben grande e la guerriglia è presente. Ma tra le vie delle città, tra le montagne occidentali, tra il mare del caribe, tra la giungla della Sierra Nevada io mi sono sempre sentito al sicuro e a mio agio.
Tornerò un giorno da queste parti, ma ora è tempo di scendere verso Pasto, e poi dritto alla frontiera dell'Ecuador.
Ma questa è un'altra storia.

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