By Trip Therapy on Martedì, 29 Marzo 2016
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C'è una gioia nei boschi inesplorati, c'è un'estasi sulla spiaggia solitaria, c'è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c'è musica nel suo boato. Io non amo l'uomo di meno, ma la Natura di più.

Patagonia.
Un nome che da solo richiama da sempre la mente del viaggiatore. Una terra lontana che termina ai confini del mondo.

Arrivo a Puerto Montt con un bus notturno scomodissimo da Santiago. È mattina, presto, l'aria è frizzante e tira un vento freddo dal mare, da sud. Le nuvole non lasciano presagire nulla di buono.
A Puerto Montt inizia la Carretera Austral, la strada numero 7, quell'unica via, voluta da Pinochet, che unisce il resto del Cile al profondo sud.
A tratti è ancora sterrata e per attraversare alcuni fiordi occorre prendere un'imbarcazione.

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Un caro amico italiano mi fa compagnia in questa prima parte di viaggio, quella settentrionale.
Noleggiamo un pick up, ma ci costa tanto e così optiamo per dormire in tenda gratuitamente, ovvero accampandoci nella natura senza nemmeno i servizi basici di un camping.
Si rivela la scelta migliore.
Sulla strada incrociamo tanti autostoppisti e quando possiamo diamo passaggi. Mi fermo a parlare con due di loro, incuriosito da questa pratica così diffusa in questa parte del mondo.
Mi dicono che qui i bus passano due volte a settimana e sono molto cari, talvolta non si fermano perché sono pieni.
È così anche la gente locale chiede passaggi rendendo questa pratica diffusa e sicura. Mi convinco pertanto a voler utilizzare anch'io questo metodo.
Mi era capitato di fare autostop già in Messico e in Guatemala, ma mai in maniera sistematica.
Ed è così che cambia la mia prospettiva.
Incomincio a viaggiare nei retro dei pick up guardando la strada allontanarsi anziché avvicinarsi. Vedo le montagne sempre più in lontananza e così anche i fiumi e i laghi. Non guardo fuori dal finestrino, vivo la Carretera Austral sulla mia pelle, la pioggia, il vento,il gelo, il sole.
Il paesaggio intorno cambia di continuo.
Al principio decisi di visitare la zona intorno al vulcano Osorno.
Stupenda area di trekking con il vulcano di fronte al mare. La punta innevata e le pareti aride color cioccolata.
Alle pendici un lago meraviglioso dove decido di accamparmi. Un bel fuoco a riscaldare la fredda notte e a farci compagnia storie e avventure.
Il risveglio è sontuoso con una delle albe più belle viste in vita mia. Il sole scalda da subito il mio corpo infreddolito dalla rigida notte e così decido di buttarmi nel lago per una nuotata tonificante.
L'acqua, ghiacciata e trasparente è un toccasana. Mi fa sentire maggiormente connesso con la natura: dormire sulla terra, bere l'acqua del lago, nuotare tra le sue acque.
La nostra società vive ormai troppo disconnessa da madre natura.
Mi muovo poi verso sud, l'idea è quella di raggiungere il lago Palena con un trekking di tre giorni.
Arriviamo e ad accoglierci un grande incendio tra le montagne.
I pompieri ci rassicurano, non corriamo rischi, ma ci avvisano che sarebbe meglio effettuare il trekking con una guida visto che il sentiero non è sempre visibile.
Cerchiamo l'avventura quindi gentilmente decliniamo l'invito. Dopo circa tre ore di cammino arriviamo ad una radura in riva al fiume. Vicino a noi una fattoria abbandonata e tanta, tanta legna. Decidiamo di accamparci qui la notte e il fuoco ancora una volta ci tiene compagnia. A dire la verità anche una volpe che intravediamo tra i cespugli.
La notte è fredda, si scende sotto zero, ma il risveglio è di quelli indimenticabili. Intorno a noi le montagne altissime e innevate. La rugiada, con i primi raggi di sole del mattino inizia ad evaporare creando delle piccole nubi di vapore. Quando queste si diradano scorgo un gruppo di cavalli.
Quanta bellezza e quanta poesia. Quanta natura.
Ci mettiamo in marcia, il sentiero appare chiaro fino a che non arriviamo in una nuova radura. Le tracce si perdono e ci affidiamo all'istinto. Sentiamo le acque del torrente e proviamo a scendere ma il sentiero si fa impossibile per la pendenza e i rovi. Decidiamo di tornare indietro per chiedere informazioni ad una fattoria.
Ci accoglie una signora che in cambio delle informazioni ci invita a pranzo. In casa incontro i primi gaucho, con i loro pantaloni ricoperti di pelo di capra e gli stivali con gli speroni. Gente d'altri tempi, qui le auto non arrivano, si muovono solo a cavallo. Il pranzo è squisito e a malincuore ce ne andiamo, la strada ancora è lunga.
Camminiamo sulla montagna fino a perderci nuovamente. Non c'è sconforto perché la natura intorno è di una bellezza infinita. Le montagne, gli alberi, l'erba intorno, i ghiacciai sullo sfondo, il cielo terso e poi i rumori. Sì, la natura non è silenziosa, è un concerto. Gli uccelli, le foglie che si muovono, i nostri passi. Troviamo la strada e finalmente giungiamo nuovamente al torrente.
Bere l'acqua dalla fonte pare quasi un processo tantrico.
Riconnessione totale.
Pachamama.
Silenzio.
Respiro profondamente.
Sento l'acqua scorrere.
Bagna le pietre, bagna le mie mani.
È fredda, ma è viva.

È tardi, in prossimità non vi è alcun luogo per accamparsi e il lago dista almeno un altro giorno di cammino. Desistiamo, nonostante abbiamo cibo a sufficienza sono troppe le incognite e i pericolo dell'oscurità ormai prossima.
Nessuna sconfitta perché dormiamo un'altra notte nella radura e il contesto ci appaga.
Ancora più a sud ci dirigiamo verso il ghiacciaio Quelat, ma il tempo non è clemente, riusciamo a malapena a scorgerlo tra le nubi. Impressionante è il rumore dei giganteschi pezzi di ghiaccio che si staccano. Un rumore pieno, simile ad un tuono, ma più impattante. Vedo cadere valanghe e resto impressionato dalla forza distruttrice di questa montagna.
Beviamo un mate e siamo ormai pronti a salutarci.
Una notte a Coyahique e poi ognuno per la sua strada.
La strada si apre sinuosa nella valle, tra le montagne.
È tempo di scendere in autostop, è tempo di nuove avventure.
Guardo il paesaggio di fronte a me, ancora una volta.
Ancora una volta, l'ultima, accampiamo in riva ad un lago. Nessuna luce a parte il nostro fuoco.
È come se per una notte, quel lago, quegli alberi, quella natura fossero uno spettacolo privato.
Il Cile mi ricorda molto il Nepal e qui le Ande sembrano avere una connessione diretta con l'Himalaya.
Le guardo, ormai la Carretera Austral è quasi al termine, dopo scenderò solo via mare tra fiordi e isole. E inizierò il mio valzer sulla frontiera, tra Cile e Argentina fino a capo Horn, dove davvero inizierò il mio cammino verso casa.
Ma questa è un'altra storia...

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