Boudhanath

Non nascondo che i primi giorni a Kathmandu ero piuttosto disorientato. L’avevo trovata come l’avevo lasciata o almeno in una chiave molto superficiale. In realtà è cambiata eccome, l’ombra del terribile terremoto del 2015 aleggia ancora nell’aria e negli occhi delle persone.

 

Sentivo il bisogno di ritrovare alcune certezze e così la mia prima scelta si rivolse a Boudanath, il più importante stupa del Nepal con i suoi 36 metri di altezza. Avevo sentito dire che le stupa buddiste, a differenza dei templi induisti, erano stati prontamente ricostruiti e in quei luoghi quasi sembra non esserci traccia di alcun terremoto.

Parto nella tarda mattinata, dista appena pochi chilometri da Kathmandu ma il traffico ingolfato della capitale, oggi orfano dei clacson (incredibile ma vero, altro motivo di disorientamento…), fa durare il tragitto oltre un’ora.

Ad accompagnarmi due ragazzi dell’orfanotrofio Human Traction, dobbiamo studiare insieme anche cosa mostrare e cosa spiegare ai ragazzi della #BackpackersAcademy che mi raggiungeranno qui in Nepal a fine mese.

 

Entriamo da un accesso secondario evitando così le pseudo guide insistenti nell’entrata principale. Il traffico e il casino della strada, i rumori, gli odori, lo sporco, restano per magia fuori da questa bellissima piazza. Una piazza di forma circolare in cui si cammina per lo più in senso orario come da precetti buddisti.resize 0002

La luce è meravigliosa e così mi butto immediatamente a fare video e foto dimenticandomi quasi di dove mi trovo. Lo stupa è davvero gigante ed effettivamente è stato perfettamente ricostruito. Scorgo in un negozio una foto dell’immediato post terremoto: una grande crepa e la parte alta della torre, quella con gli occhi di Buddha ai quattro lati, completamente crollata. Qui la ricostruzione si può davvero toccare con mano.

La chiave della consapevolezza

Ma è una volta finito tutto il lavoro che mi siedo nella posizione del loto in un angolo dello stupa. Inizialmente medito per una ventina di minuti e poi apro gli occhi, osservando le persone passare: monaci buddisti, fedeli, turisti, gente normale, bambini monaci. Tutti a girare in un senso, tutti con le loro vite e le loro storie. Si respira pace a Boudanath cosi come in tutti i luoghi buddisti della terra e spesso mi chiedo come in luoghi cosi sia possibile preservare la pace e la quiete mentre al di fuori di diventa come i peggio animali.

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Sono domande a cui ovviamente avevo già trovato le mie risposte durante il mio #GiroDelMondoIn1000Giorni #SenzaAerei, ma è bello ritornare a porsele. Forse questi mesi di rientro a casa, preso da una spirale di impegni, presentazioni, interviste, mi avevano fatto, per così dire, smarrire, il senso di tante azioni. È il bello di ritrovarsi qui, tre anni dopo, con diverse e forti consapevolezze che mi ha fatto riscoprire la magia di questa piccola piazza nei dintorni di Kathmandu.