Nashville

Il secondo grande appuntamento del mio personale coast to coast americano è la rotta verso sud, verso la Louisiana e New Orleans, culla del Jazz.
Prima, da Chicago, avrei dovuto raggiungere la zona del Tennessee dove nacque la musica anni 60 e l'ispirazione country.


Scelgo Nashville invece di Memphis perché proprio in questi giorni ha luogo il festival country e molti dei miei gruppi favoriti, tra cui i Black Keys, si sono trasferiti in questa città vivissima dal punto di vista musicale.
Alloggio in couch surfing da Jared,un tipico americano del sud che mastica tabacco e parla in modo incomprensibile. Dormo condividendo il divano con il suo cane e ai piedi una sputacchiera. In casa solo stivali da cowboy e nell'armadio un paio di fucili.
Ci siamo, ecco una vera esperienza americana al 100%.
Jared si rivela una persona eccezionale e mi porta in giro tutta la sera per bar locali dove la musica di qualità è dominante. Finiamo così a bere birre ascoltando gruppi dal vivo che si concentrano su musica e storie in stile Johnny Cash. Ottima atmosfera e musica di qualità ci fanno compagnia fino a tarda notte.
Ed è proprio Johnny Cash ed il suo museo a darmi il benvenuto a Nashville. Il grande cantastorie americano morì proprio qui nel 2003 e così la città ha deciso di tributarvi un museo. Sono scettico, vista la grande delusione della rock'n'roll hall of fame di Cleveland, ma non mi faccio pregare.
Altro che delusione, questo museo è davvero il giusto tributo ad una delle più importanti personalità musicali d'America, a mio avviso ben superiore rispetto ad Elvis. Nel museo trovano spazio oggetti appartenuti al cantante, strumenti musicali, abiti, premi e la sconfinata discografia. È piccolo, ma ci perdo quasi due ore tra i cimeli di uno dei più grandi musicisti di sempre.
Ad attendermi all'uscita oltre al caldo opprimente anche il festival country ed una schiera di stivali da cow boy che neanche in uno spaghetti western.
Non sono un gran fan del genere, ma devo ammettere che lasciarsi abbandonare a questi ritmi e coinvolgersi è stata un'esperienza molto bella che difficilmente scorderò.
Banjo, chitarra e contrabbasso qui la fanno da padrona per ballate che ricordano un tempo lontano.
Jared si rivela anche per utili consigli e vista la mia voglia di vera America mi suggerisce di deviare dal percorso delle autostrade e di raggiungere New Orleans percorrendo parte della Natchez Trace, un'antica via abbandonata di quasi 400 miglia divenuta oggi parco naturale.
Mai consiglio fu più azzeccato, mi ritrovo in una strada meravigliosa con ai suoi lati rigogliosi boschi di querce da poter attraversare attraverso gli innumerevoli sentieri.
Il telefono non prende e così mi ritrovo senza navigatore. Sulla via nessun villaggio, così sono costretto a percorrerla interamente e a trovare un luogo di fortuna dentro ad un bosco dove parcheggiare l'auto per dormire e mangiare qualcosa. È la sera del mio trentaquattresimo compleanno e mi ritrovo a festeggiare in un bosco in compagnia di scoiattoli e procioni ed una bottiglia di vino rosso italiano regalo di mamma durante la sua visita a Boston.
L'anno passato trascorsi il compleanno al campo base dell'everest, quest'anno è la volta di un bosco dell'Alabama.
Sono felice così, le correnti dell'universo mi hanno portato in quel bosco invece che a New Orleans, ma devo dire che l'imprevisto mi ha permesso un'esperienza straordinaria.
Mi godo il tramonto, il vino, la compagnia degli animali, da lontano scorgo un coyote, ma non ne sono certo a causa dell'oscurità e del rosso italiano.
Mi sento felice e vicino a tutte le persone a cui voglio bene. Il cellulare non prende ed è meglio così visto i numerosi messaggi che avrei letto il giorno dopo. Solo io e la natura in un equilibrio perfetto.
Mi sveglio all'alba e mi metto subito in moto verso New Orleans. Sulla strada mi fermo ogni tanto a percorrere piccoli trekking che mi portano in boschi fatati, laghi, cascate e radure infinite.
La strada, la musica, i boschi fino a New Orleans dove arrivo a tarda sera. Per la prima volta da quando sono sbarcato in Nord America non trovo un alloggio gratuito e così mi fermo, esausto dopo dodici ore di guida, in un ostello da quattro soldi.
New Orleans. Il sud americano, la città del jazz e un caldo pazzesco mi accolgono l'indomani.
La città è molto bella, specialmente la zona del quartiere francese, dove le case tipiche della Louisiana si presentano al massimo del loro splendore. Nonostante la furia dell'uragano Katrina che in una settimana, nell'agosto del 2005 fece quasi duemila vittime, la città si è ripresa egregiamente senza alcun segno di quella folle forza distruttrice.
Passeggio per la città, ma il caldo è davvero eccessivo e così dopo aver ascoltato alcune sessioni jazz per strada decido di avventurarmi in Bourbon street solo verso sera.
Ed è proprio la sera che la città si trasforma.
La via principale è un susseguirsi di locali in cui si trovano solo cover band suonare a volumi altissimi e altri club. Per la strada quasi esclusivamente turisti e neppure l'ombra delle sessioni jazz intraviste nel pomeriggio.
Fortunatamente incontro due ragazzi del luogo che mi portano in un locale poco distante dove posso godere di buona musica. La sessione è infinita, e mi perdo ad ascoltare questa musica che affonda le sue radici nella ricerca della libertà dalla schiavitù.
In una settimana sono passato dal blues al jazz, attraverso il rock ed il country, da nord al sud degli Stati Uniti.
Ne sono rimasto stregato, coinvolto completamente e quasi mi fermerei a ripercorrere quelle strade per settimane.
Ma il tragitto sconosciuto della Natchez Trace mi ha introdotto ad un altro aspetto dell'America, ancora più coinvolgente. I parchi naturali, la natura sconfinata che mi avrebbe atteso dal giorno dopo. Verso il Texas, il New Mexico, il Colorado e lo Utah. Verso il west.