The Arches

Le strade in questa zona d'America sono lunghe e silenziose. Dritte all'infinito, limiti bassi e pochi veicoli. 

Intorno a me il paesaggio cambia costantemente. Il deserto del New Mexico è ocra, con cespugli verdi. Da lontano si intravedono i primi canyon.


I cactus dividono la scena con i piccoli pozzi petroliferi che si muovono all'unisono in armonia.
Sembrano cantare al mio arrivo. Cantano e si inchinano.
La strada è noiosa se non fosse per lo spettacolo intorno.
Arrivo ad Albuquerque la sera tardi, ma decido di fermarmi in città una giornata per poter vivere queste atmosfere spaghetti western.
Non sembra America, o meglio Stati Uniti. L'atmosfera è più informale e capito nel bel mezzo di una festa cittadina.
È l'occasione per poter ammirare un'esposizione di automobili anni '60 che mi fa battere il cuore.
Pezzi unici, custoditi gelosamente da appassionati. Cromature perfette e rombi dei motori che cantano anch'essi.
Qui l'americano è invece quello che mi aspettavo: invasato e carico, orgoglioso delle sue radici e origini.
Fanno quasi tenerezza.
Lascio questo piccolo angolo di Messico per dirigermi a nord, destinazione Denver e le montagne rocciose.
Dopo poche ore il paesaggio inizia a modificarsi radicalmente. Sullo sfondo inizio a vedere le prime montagne che si delineano con le sagome di canyon. In realtà sono l'inizio delle montagne rocciose, il confine naturale con il Colorado.
Ai loro piedi sembra di essere sotto ad uno scalino. A valle il deserto, in alto boschi di conifere.
Arrivo dopo due ore in cima a queste alture e l'aria si fa fresca. Davanti a me cervi e daini ad attraversarmi la strada, in parte laghi e ruscelli.
Resto basito da questo repentino cambiamento e cerco un posto per dormire. Lo trovo in una radura all'interno del parco naturale di Carson. La vista è strepitosa e la solitudine mi appaga. È tuttavia anche pericolosa perché la zona è piena di orsi bruni a giudicare dagli avvisi e non solo.
I bidoni hanno chiusura antiorso e le porte dei bagni pure.
Mi godo il tramonto e mi chiudo a dormire in auto.
Nel mezzo della notte mi sveglio improvvisamente. Sento rumori vicino all'auto, a pochi metri.
Il rumore è inconfondibile, un animale che sta cercando di aprire i bidoni. Sento un brivido lungo la schiena, la tensione sale.
Penso che sono chiuso in auto pertanto non corro rischi particolari. Decido di farmi coraggio e alzo la testa per controllare la situazione.
Fuori è buio pesto, ma riesco a fare luce con l'auto. Davanti ai fari si paventa un orso bruno di grandi dimensioni. Scappa impaurito, alla fine ha avuto più paura lui di me. C'è stato un momento in cui mi son chiesto se avere più timore per un animale pericoloso o per un eventuale essere umano, dato che ero completamente solo. Sarò sincero, ho temuto più un mio simile.
La mattina mi sveglio a causa del freddo, per la prima volta da settimane. Intorno a me due alci e tre cervi.
Controllo bene che non ci siano altri orsi ed esco dall'auto. Gli animali scappano e mi lasciano da solo a gustarmi la colazione con l'alba di fronte.
Che spettacolo incredibile, la forza che mi da la natura è sempre impareggiabile.
Mi metto in moto presto, d'altronde mi aspettano diverse miglia verso Denver.
La strada inizia a scendere e in fianco alla carreggiata corre il fiume Colorado. Sull'altro fianco del fiume le rotaie seguono sinuose i contorni delle montagne.
Dopo qualche ora torno in pianura con nuove montagne all'orizzonte, addirittura innevate.
La terra intorno è verde, piena di coltivazioni. Ogni tanto il deserto riprende con prepotenza, ma pare un territorio molto meno arido.
Ad un certo punto sulla destra intravedo delle strane forme ai piedi delle montagne e decido di andare a dare un'occhiata. Mi ritrovo un paesaggio strano e non convenzionale. A valle campi verdi e coltivati, nel mezzo il fiume Colorado che in questa zona è poco più di un torrente, e sullo sfondo le montagne rocciose, imponenti e con i picchi innevati.
Nel mezzo, dove mi trovo a camminare e volare, alte dune di sabbia come neanche nel deserto del Sahara.
Mi chiedo come sia possibile e non trovo spiegazione, mi limito a godere di questo strepitoso micro cosmo.
Il giorno prima ero nel deserto, la notte in montagna nei boschi con orsi, alci e cervi e la mattina dopo a correre su dune di sabbia con lo sfondo di montagne innevate.
Quanto mi potrà dare la natura in America? Non voglio ancora questa risposta, voglio godermi appieno questi momenti.
Anche perché quello che mi aspetta è ancora di più. Arrivo a Denver la sera stessa ospite da un ragazzo italiano e la sua compagna americana.
Proviene dalla mia cara emilia e vive in America da oltre vent'anni. L'ospitalità che mi riserva è al solito eccezionale come si conviene da queste parti e parlare un po' di italiano è piacevole dopo tanto tempo. Dopo una bella serata in compagnia mi aspetta l'ultima parte di questa traversata a nord, devo attraversare le montagne rocciose per arrivare nello Utah.
Partenza al mattino di buona lena e dopo un paio d'ore sto nuovamente attraversando le Rockies. Un mese prime ero a Benff in Canada e mi avevano completamente stregato. Oggi la sensazione è la medesima, queste montagne sono bellissime e disegnano paesaggi mozzafiato.
Sulla strada incontro parecchi animali, soprattutto alci, e parecchi turisti. Giugno è il mese migliore per visitarle poichè le giornate sono limpide e calde.
E lunghe. Abbastanza lunghe da permettermi di arrivare in Utah a Moab per il tramonto.
In tempo per poter godere della luce migliore in uno dei parchi naturali più belli di tutta l'America: the Arches National Park.
Canyon e pinnacoli. Rocce e massi levigati da vento e acqua lontana millenni. Colori caldissimi, ancora più caldi stante la luce del crepuscolo.
Archi che paiono finestre su paesaggi solo immaginati fino a qualche ora prima.
Questo viaggio dal Texas allo Utah, questo viaggio nell'America, questo viaggio nella natura nella sua forma più primordiale mi ha definitivamente fatto innamorare di questa terra americana, uno dei territori più belli e vari che abbia mai visto.