DJI_0146 PAESTUM

 

Il Giro d’Italia accompagna i miei più lontani ricordi. Ricordi di estati passate in alta Val Trebbia a casa dei miei nonni. Un televisore piccolo, in bianco e nero, che mi era vietato utilizzare nel pomeriggio fino alle 17. Perché mio nonno lo monopolizzava proprio con il Giro. Mio nonno, un uomo all’apparenza burbero e severo ma con un cuore d’oro, mi cacciava da quella poltrona e si sedeva lui, per seguire la corsa.
Non ho mai capito se prediligeva più Coppi o Bartali, ma ogni volta che si commentava qualcosa era sempre un riferimento a quei due campioni.
Ricordo Bugno, Chiappucci, Fondriest e il primo Indurain. Ricordo che era buffo vedere che il primo della corsa avesse una maglia rosa. Ricordo che pian piano quel momento divenne il nostro momento in cui quell’uomo a tratti duro si lasciava andare.
Poi venne la televisione a colori, io ero cresciuto, ma ancora adolescente, e la passione per quella corsa che non scemava. Con l’età e la scuola i nostri appuntamenti davanti al televisore si erano spostati all’altra corsa, il Tour de France, ma io nel frattempo, da solo, non mancavo mai l’appuntamento col Giro.
Mi chiedevo sempre come mai non passasse dalle mie parti e finalmente un giorno passò a pochi chilometri dalla mia città. Scesi sulle strade e mi impressionò la velocità con cui i corridori passarono, il gruppo era compatto e quasi non me ne accorsi, durò tutto pochi secondi, il giorno del mio compleanno.

 

Il Pirata

E poi venne lui, il Pirata, colui per il quale mettevo la sveglia e non potevo perdermi una sola pedalata.
Marco Pantani.
Fu l’unico ciclista moderno a far emozionare mio nonno. Per Marco non vi erano confronti col passato, non esistevano Coppi o Bartali, Pantani era semplicemente Pantani. Leggevo tutte le mattine la Gazzetta e si ipotizzava il suo attacco alle 16. Io la sveglia la mettevo alle 15 e iniziavo ad incollarmi al televisore con i libri di Latino sulle gambe. E lui prontamente scattava, era un appuntamento fisso, come il gol di Baggio e il rigore rubato della Juve a 90mo minuto la domenica pomeriggio. Come la vittoria di Tomba la domenica a pranzo, o quelle di Valentino e Schumacher la domenica pomeriggio.

Marco Pantani, con quell’aria di ragazzo normale, quell’accento romagnolo, quella pedalata. Mi alzavo dal divano e lo incitavo urlando come un pazzo e quando lui tagliava quel traguardo ero a pezzi senza voce, ma felice, emozionato. 

Il giro d’Italia per me oggi.

Il Giro d’Italia ha una storia importante, ha segnato la mia storia personale ed essere oggi chiamato a raccontarlo, secondo il mio stile e la mia natura è l’ennesima grande soddisfazione della mia vita.
Ogni giorno in giro, per luoghi abbandonati e dimenticati, per le vie dei centri o per le stradine di montagna su quell’ape rosa, è come avere il mio caro nonno con me, a raccontarmi delle gesta dei corridori del passato.
E forse prima che se ne andasse glielo avrei dovuto chiedere: ma chi era più forte: Coppi o Bartali?
Secondo me lui tifava per Bartali non fosse altro per il simile carattere, ma Pantani... eh Pantani!

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La tappa

La tappa di oggi parte da Praia a Mare, un tranquillo paese sul litorale calabrese, dal versante Tirreno. Si snoda attraverso la Basilicata per giungere poi in Campania, a Montevergine di Mercogliano. L’itinerario è bello, divertente e sul tragitto mi sono divertito soprattutto a fermarmi a Maratea per gustarmi un’ottima mozzarella di bufala in compagnia del mio amico Luca davanti al Cristo Redentore. Ricorda quello di Rio de Janeiro anche se questo non è rivolto al mare bensì alla montagna. Prima dell’arrivo, la tappa passa pure per Paestum, un luogo magico, antico con i suoi templi che al tramonto permettono ai raggi di sole di penetrare le colonne irradiando il campo intorno.G18_T08_Montevergine_alt_zoom.jpg