Salvador - Bahia - Brasile

L'arrivo nello stato di Bahia è carico di speranze.
Fin dai primi giorni in Brasile, già dal sud, le persone non facevano altro che parlarmi di questa zona così ricca di bellezze naturali, della buona cucina, delle persone e della musica.
Il primo approccio è con la sua capitale, Salvador, ed il suo quartiere più famoso, il pelourinho.

Alloggio in una posada proprio nella piazza dell'antico quartiere. Le case sono colorate e in stile coloniale. L'artigianato è diffuso e anch'esso molto colorato. Per le strade di ciottoli, grandi donne vestite con ampie gonne e buffi copricapi. Alle orecchie grandi anelli d'oro. Sono le Baiane, le donne del luogo, vestite in abiti tradizionali, non solo per le foto con i turisti. Nei giorni successivi mi è capitato di vederle vestite così anche in luoghi non turistici e indaffarate in diversi lavori. A volte sembrano delle antiche matrone: sedute agli angoli delle strade, senza mai alzarsi, ma anzi in una sorta di movimento rituale, cucinano gli acarajè, il piatto tipico della zona: si tratta di frittelle ripiene di una strana mistura di fagioli e legumi vari, con insalata e gamberi. È squisito ed economico, quindi ne approfitto regolarmente. È l'occasione per sedersi al loro fianco e chiacchierare. Sono timide e schive, ma dopo pochi minuti ti raccontano tutta la loro storia e quella della loro famiglia.

In questa zona ci sono diverse piazze e altrettante chiese, in una di queste posso assistere alla capoeira, questa sì per turisti, ma non per questo meno spettacolare. La sera ci sono balli e danze per la strada, sembra l'anima della città che non dorme mai.
Salvador ha una storia triste che si intravede ancora oggi. Fu la capitale brasiliana della tratta degli schiavi dall'Africa. Importavano persone, famiglie intere, per farle lavorare nelle locali fazendas, ovvero fattorie, dedite alla coltivazione di caffè e cacao. Qui i tratti somatici della gente, e non solo, hanno chiare ed evidenti radici africane.
L'Africa, ovvero il mio prossimo destino.
L'Africa, ovvero il continente più ricco del pianeta e nel contempo così povero. Questa storia ha generato differenze sociali così evidenti che ancora oggi, nonostante più di un secolo di libertà acquisita, sembra che poco sia cambiato. La città è molto pericolosa, tra le più pericolose di tutto il Brasile e quindi del mondo.
Nel Pelourinho c'è polizia ad ogni incrocio a tutela dei turisti, ma non della gente. Basta voltare l'angolo e camminare per una via defilata che si rischia la rapina. Il più delle volte non sono scippi, bensì vere e proprie violenze. Inevitabile in un contesto del genere e con la polizia tanto corrotta.
L'ansia è forte, non lo nascondo. Cammino attento, sempre con gli occhi ben aperti e cercando di non dare l'attenzione. Difficile, con telecamere e microfoni.
Ho attraversato mezzo mondo, ma mai come qui in Brasile mi sono sentito tanto in pericolo. Un luogo dove i banditi non hanno il ben che minimo rispetto per la vita umana. Un luogo dove per pochi soldi possono pure ammazzare. E tutto a causa delle differenze sociali, che si traducono in droga, alcol e violenza.
Mi piace Salvador, è la prima città da tanto tempo in cui mi fermerei, ma non riesco, non sono tranquillo.

Mi muovo pertanto verso l'interno, in un parco naturale a circa 400 chilometri. Pare essere la "perla" del Brasile ed in effetti la sua bellezza è stupefacente.
Si tratta del parco naturale della Chapada Diamantina, una serie di altipiani fitti di vegetazione tropicale, dove un tempo furono trovati tanti diamanti. E dove ovviamente venivano utilizzati gli schiavi.
Ora è una zona di preservazione di una bellezza quasi senza senso: decine di cascate, montagne, fiumi e laghi. La stagione è quella secca e non posso godere appieno della forza dirompente della natura e l'impeto delle cascate, ma l'impatto è lo stesso fortissimo. Con un trekking di circa due ore arrivo su un balcone naturale di roccia. Nessuna protezione, sotto di me quasi mille metri di vuoto, sulla mia destra una delle cascate più alte del Sudamerica la cui acqua, cadendo, viene spazzata via dal vento e non tocca la valle se non sotto forma di gocce di vapore. Il sole di fronte contribuisce a disegnare un arcobaleno di rara bellezza.
È da tempo che non ritrovavo una natura di questo tipo così forte e sconvolgente, probabilmente dai tempi della Patagonia. Mi siedo su quella roccia a strapiombo, sono solo, e mi metto a meditare. Sento l'aria accarezzarmi i capelli e il vapore dell'acqua appoggiarsi delicatamente sui miei arti. Sento la natura, la Pachamama, entrarmi dentro, la posso respirare a pieni polmoni.
Mi fermo un paio di giorni in questa riserva ed ogni giorno la natura riesce a regalarmi qualche nuova sensazione. O più che nuova, vecchie sensazioni sopite che tornano ad affiorare.

Bahia tuttavia è anche spiagge meravigliose così anziché tornare a Salvador mi dirigo verso l'isola poco più a sud, una delle mete imperdibili di questa zona del Brasile.
Il Morro de Sao Paulo è una isola che non permette l'utilizzo di autovetture. Ha subito un forte sviluppo turistico, ma è riuscita a preservarsi intatta.
Le spiagge sono di una bellezza inaudita con sabbia bianca e palme dirimpetto. C'è anche una grande barriera corallina che non posso tuttavia esplorare dati i costi elevati.
Incomincio davvero a rendermi conto dell'unicità di Bahia e della sua intrinseca bellezza.
Il meglio arriva tuttavia qualche giorno più tardi, più a sud, nel villaggio di Itacarè.
Qui non c'è barriera corallina, anzi è il paradiso dei surfisti. Le onde sono forti e grandi e si infrangono su rocce che aprono piccole baie, alla stregua di piccoli paradisi. Per raggiungerle occorre camminare nella giungla, a volte anche per ore.
Poco male, la ricompensa è dietro la vegetazione, autentici tesori naturali che non mi stancherei mai di vivere.
Un pomeriggio cammino per il villaggio, alla ricerca di un po' di frutta e verdura fresca. Sento da lontano dei pianti e mi avvicino. Un gruppo di ragazze argentine sotto shock davanti alla polizia. Le hanno appena rapinate, dei banditi durante il trekking per la spiaggia dove ero stato il giorno prima. Passamontagna e pistole in mano.
In mezzo alla natura, dove non hai vie di scampo. Vili.
Questo è il Brasile, ormai lo conosco da abbastanza tempo. Dover convivere tra luoghi paradisiaci, persone meravigliose e il rischio costante di vedersi assalito.
Mi sale la rabbia in corpo, ma ancora di più la frustrazione.
Come è possibile che tutto questo possa accadere?
Come è possibile ancora al giorno d'oggi?
I giorni alla partenza per l'Africa si avvicinano inesorabili e per la prima volta sento quasi un sollievo. Io che credevo di provare saudade per questo luogo, aspetto con ansia di lasciarlo perché non mi sento tranquillo.
Cerco di vivere normalmente, non ce l'ho con i brasiliani, comprendo che è un fenomeno sociale che dipende da altro.
Il problema è che sono tre mesi ormai che vivo con questo pensiero costante e anche se non mi è ancora successo nulla, sono arrivato al mio limite personale.
Ogni spostamento, ogni attività, ogni cosa viene preceduta da domande circa la pericolosità intrinseca.
Purtroppo, anche in una zona meravigliosa e turistica come Bahia, il rischio è quotidiano e latente.
Peccato.