Lago Titicaca - Perù/Bolivia

Era dai tempi dell'Asia che non sentivo così forti le correnti universali.
Quei segnali, lanciati dall'universo così differenti dal destino in senso lato, ma così chiare ed ineluttabili che sono impossibili da non decifrare.
Ho trascorso più di un mese in Perù.
Uno stato che richiamava la mia mente fin dalla mia giovinezza.
Sulla mia smemoranda del liceo un giorno, durante una noiosissima lezione di filosofia su Kant viaggiavo con la mia mente in terre lontane.
E così misi nero su bianco una lista di paesi da dover assolutamente visitare, una volta nella vita.
Il Perù era uno di questi.

Il Machu Picchu sicuramente, ma in generale tutte le Ande e quel lago, il più alto navigabile al mondo da cui fin da piccolissimo ero attratto: il lago Titicaca. Complice un cartone animato di Walt Disney, Saludos Amigos era il titolo. Paperino aveva a che fare con un lama scorbutico e poi l'aeroplano Pedro in modo rocambolesco vagava tra le Ande. Ricordi flebili, ma ancora impresso nella mia mente a distanza di oltre 25 anni.
Entro ovviamente da nord e la prima destinazione è Mancora, sulla costa del Pacifico. Spiaggia fin troppo rinomata e delusione cocente. Troppo deserto intorno. La gente troppo orientata a spillare soldi. Il cheviche non ancora quello di Lima.
Arrivo a notte fonda, non mi piace la cosa.
Varcare le frontiere con l'oscurità non mi lascia tranquillo sebbene intorno a me ci siano una moltitudine di persone con lo zaino in spalla intente a compilare la schede di immigrazione. In coda, in attesa del mio turno do un'occhiata ad un cartello. Vengono elencate una serie di feste nazionali che per tradizione e folklore caratterizzano il paese. Nessuna di rilievo a gennaio, l'unica è in febbraio a Puno,la festa della vergine della candelaria, ma troppo in là con i giorni.
Trascorro due notti a Mancora e inaspettatamente la seconda mi capita di sedermi in spiaggia a contemplare il mare prima di andare a letto.
Lo contemplo a tal punto da restarne ipnotizzato.
Lo guardo, lo osservo.
Mi sdraio con la sabbia come cuscino. Mi pare di essere a casa, sul mio divano rosso di fronte ad un coinvolgente film. Le onde, maestose, che si frangono fortissime. Una, due, tre e così via...
È un film meraviglioso, è Pachamama, la madre terra.
Resto in spiaggia per oltre cinque ore, così. Respiro profondo, medito e abbraccio questo spettacolo naturale.
Dormo così pochissimo e il giorno dopo me ne vado più a sud, a Trujillo, confortato momentaneamente da questo spettacolo naturale.
Trujillo è un importante città a livello culturale e gode di rinomati siti archeologici insigniti del titolo di patrimonio dell'umanità UNESCO. Lo visito e, a mio modesto parere, non mi paiono nulla di che o nulla che possa vantare un titolo del genere. Roccia e sabbia che nascondono muri decorati, una volta dei templi. Incomincio a pensare di essere ormai divenuto cinico a furia di veder posti magnifici ed emozionanti così per la prima volta da quando son partito ne rimango molto deluso.

È tempo di volgere a Lima, la capitale. Prendo un bus notturno e giungo a destinazione di prima mattina. La città è enorme e caotica, ma subito il paesaggio intorno cattura la mia attenzione. Gli edifici sono ammassati su di un gradino enorme, di oltre trenta metri, di sabbia.
Di fronte al mare, di fronte al mio oceano pacifico. Il centro storico è meraviglioso e la vita notturna coinvolgente.
Finisco a bere in una bettola grazie ad un personaggio del luogo.
Bevo il pisco, un tipico liquore peruviano. La capitale mi piace.
Il giorno dopo ho l'occasione di incontrare un vecchio amico conosciuto tredici anni prima in California.
Mi porta a gustare un vero cheviche e a visitare la città e le zone limitrofe. È architetto e grazie a ciò riesco a cogliere sfumature che diversamente mi sarebbero sfuggite.
Non posso fermarmi a lungo, anche se vorrei. Ho un appuntamento irrinunciabile per il quale ho attraversato mezzo Sudamerica: il Machu Picchu nel giorno dell'anniversario della scomparsa di mio padre.
È a sud, tra le Ande. A quasi 24 ore di viaggio in bus da Lima. La tappa fondamentale per raggiungere l'antica città inca perduta è Cusco.
Eccolo il Perù che andavo ricercando. Tra le montagne, a 3500 metri di altezza.
Non ho tempo per ambientarmi, i giorni corrono e mi dirigo subito verso il sito archeologico simbolo di questo paese e di tutto il Sudamerica.
L'emozione è fortissima camminando tra quelle mura ed in più avevo raggiunto un obiettivo prefissato un anno prima. Rispettare qualcosa del genere in un viaggio come il mio, così lungo e senza aerei è un'impresa difficilissima.
Va da se che, come una volta giunto in Australia, mi sentissi un po' svuotato.
Rientro a Cusco con l'idea di trascorrere giusto un paio di notti prima di volgere altrove. Il proprietario dell'ostello intravede un mio video mentre lo mostro ad alcuni ragazzi. Mi propone di fermarmi gratuitamente tre giorni per realizzarne uno promozionale dell'ostello.
Accetto.
È venerdì ed esco con alcune persone del luogo. Trascorro un fine settimana bellissimo, vivendo la città come un locale. È un ombelico del mondo, qui si possono incontrare persone da ogni angolo del pianeta. Grazie al richiamo del Machu Picchu ovviamente, ma non solo. Opportunità di volontariato ed economici corsi di spagnolo. Trekking nella natura, laghi e resti inca sparpagliati in ogni dove. La città, che appare tranquilla, non lo è affatto. Ogni notte è un sabato notte ed ogni scusa è buona per far tardi. Se poi è sabato notte...
Registro pochissimo e la domenica rientro un po' con la coda tra le gambe in ostello, pronto a pagare le mie notti e a rinunciare all'offerta. Vedo il proprietario appendere un cartello:"cercasi volontario".
Gli chiedo di cosa si tratta e mi dice che stava cercando qualcuno che sostituisse la ragazza alla reception, incinta all'ultimo mese, nel turno pomeridiano. Mi propongo senza nemmeno pensarci e lui accetta. Mi fermo due settimane in più in questa vibrante città. Al mattino decido di frequentare un corso di spagnolo, grazie al lavoro posso permettermi un corso privato. Il pomeriggio lavoro in un bell'ambiente dinamico dove posso praticare lo spagnolo e parlare inglese. La sera posso vivere Cusco e i suoi ritmi.
Correnti universali.
Avevo appena raggiunto il mio traguardo e ho potuto quindi abbandonarmi nuovamente ad esse. Come in Asia, quando le mie date e i miei spostamenti erano dettati solo dalla scadenza dei visti.
Che bella sensazione.
Vivere una vita normale in un paese straniero.
Avevo dimenticato questa sensazione, divorato com'ero dalla strada.
Ritmi costanti, amicizie, niente di eclatante o spettacolare per due settimane.
Solo, la Vita.
Cusco è una città meravigliosa, fatta di chiese barocche, mercati, piazze sinuose, montagne e natura di rara bellezza intorno. In ostello incontri con persone di tutto il mondo con cui condividere storie ed esperienze.
La notte concerti, eventi d'arte, letteratura e pittura. Ho vissuto come uno del luogo, un cuzqueno. Con amicizie del luogo che porterò nella mia memoria per sempre.
Sono volati questi giorni fino a che lo zaino non mi ha richiamato all'ordine. Volevo scendere ad Arequipa quando l'ultimo giorno di lavoro mi giunge all'orecchio che potrei dirigermi subito verso il lago Titicaca, a Puno. Lì è in corso proprio la festa della vergine della Candelaria, quell'evento di cui avevo letto alla frontiera.
Correnti universali nuovamente.
Senza pensarci faccio lo zaino e mi dirigo quindi a Puno. La festa, il carnevale peruviano è una pentola che ribolle di musica, danze e colori.
Qualcosa di unico e davvero particolare. A quasi 4000 metri sotto una pioggia incessante migliaia di persone impazzite per questa festa.
E io ero li, con loro. A danzare sotto la pioggia.
Ed infine l'ultimo passaggio, prima di andare in Bolivia.
Il lago stesso, con una delle sue isole, Amantani. Un'isola dove il turismo è limitatissimo.
Un'isola dove non esistono ristoranti o ostelli e tantomeno Wi-Fi. A dirla tutta non c'è nemmeno troppa elettricità dal momento che la stessa è generata unicamente da pannelli fotovoltaici. L'isola è divisa in comunità che ruotano ogni mese nell'ospitare visitanti. All'interno di ognuna di esse sono famiglie di contadini ad ospitare, anch'esse a rotazione. Offrono alloggio e cibo. Solitamente la gente si ferma una notte, io invece, stregato da quella natura così bella e incontaminata mi sono fermato diversi giorni. E salendo in cima ad un monte che ho ricordato di come il lago Titicaca mi chiamasse da oltre 25 anni. E ho capito perché.
Ma non so spiegarvelo.
Perché certe cose bisogna viverle, non si riescono a raccontare. Perché non posso dirvi cosa mi ha detto quello stelo di grano. O quei greggi di capre. O quelle anziane signore. O quelle nuvole, così bianche e basse. O quell'acqua d'altura.
Io posso dirvi che ad un certo punto ho voltato lo sguardo verso la Bolivia, dall'altra parte del lago.
E che da quel momento mancava un anno al mio ritorno a casa.
E allora sono partito.