Royal Bengal Tiger

In attesa dell’arrivo di un amico italiano a Kathmandu per poterci finalmente dedicare al 100% nel progetto Human Traction mi ritrovo ad avere una settimana libera nella capitale. Stanco del traffico, dell’inquinamento e della sporcizia inizio a pensare di esplorare un po' il Nepal, stato in cui ho passato quasi cinque mesi della mia vita, ma di cui conosco solo la valle di Kathmandu e la zona di Pokhara.

 

In questa stagione secca è molto promosso nelle agenzie di viaggio di Thamel, la visita al parco nazionale di Chitwan, vicino a Lumbini, nel sud del paese, al confine con l’India.

C’è caldo, è giungla e vi è la possibilità di osservare da vicino elefanti, rinoceronti e persino la tigre del Bengala.

Ora, io sono una persona abbastanza realista e non ho mai minimamente pensato che l’opzione di vedere una tigre fosse realmente concreta dal momento che è un animale molto schivo e per giunta in via di estinzione.

Tuttavia non avevo mai visto in vita mia un rinoceronte e così, date le buone possibilità promesse, comincio a considerare seriamente l’opzione di una gita a Chitwan. Esco a pranzo con il mio amico Charlie, il baba. Non ci rivediamo da tre anni e l’occasione è buona per una caro abbraccio e raccontarci le nostre rispettive vite.

Quando mi chiede dei miei piani futuri gli racconto proprio della mia idea di scendere a sud.

“Non andare a Chitwan! Lì al massimo vedrai galline selvatiche!” mi interruppe.

Gli chiesi di continuare: “Vai nel Bardia National Park, più ad ovest. È piuttosto lontano ma non te ne pentirai. Non ci sono turisti ed è davvero wild. Lì avrai l’occasione di fare un vero e proprio trekking nella giungla con la concreta possibilità di osservare una tigre!”

Correnti universali.

E così mi ritrovo su un vecchio bus scassato nepalese. Per sedici ore. Che divennero presto ventuno. Giungo ad Ambassa nella tarda mattinata e trovo un simpatico uomo con cui avevo preso accordi precedentemente via internet affinché mi ospitasse e mi venisse a prendere. Avevo di fronte una delle guide più anziane del parco. Decisi di effettuare un walk safari di due giorni con una notte in tenda dentro al parco e lui a fungermi da guida.

Il walk safari

Partiamo l’indomani di buon ora, armato di macchine fotografiche e di un bastone di bambù, la nostra unica difesa contro la tigre o altri animali. Nella mia testa continuo a pensare di aver fatto una sciocchezza, com’è possibile se è cosi concreto il rischio tigri che permettano alle persone di camminare nella giungla armate solo da un bastone di bambù?

Iniziamo a camminare prima di fermarci in un punto dove, a suo dire, capita spesso la tigre. Si trattava di uno stagno pieno di zanzare dove vidi unicamente una scimmia ed un Martin Pescatore.

Ci spostammo verso un altro luogo di avvistamento e riconobbi la curva del fiume davanti ai miei occhi. Qui fu scattata una delle foto più note di una tigre che attraversava il corso d’acqua.

DSC05830Dopo l’avvistamento di lontre e di qualche cerbiatto riuscimmo anche ad osservare un folto gruppo di elefanti, almeno una ventina. Le guide erano piuttosto tese e compresi come qui il vero rischio tangibile siano proprio gli elefanti e non i felini. Una guida durante una pausa mi mostrò una foto sul suo cellulare: una tigre e tre cuccioli. Scorgo la data ed è il giorno prima. A quel punto compresi che mi trovavo realmente nel posto giusto sebbene le chances fossero ancora molto basse.

Arrivò il tramonto e ci ritrovammo a dormire in tenda davanti ad un fuoco sulle rive del fiume in secca.

Fu la notte più terrificante ed emozionante di tutta la mia vita.

Poco dopo le tenebre eravamo di fianco al fuoco quando la mia guida improvvisamente si alza puntando la luce verso il fiume. È quasi luna piena pertanto il buio non è troppo scuro e si vede chiaramente stagliarsi la sagoma di un grande felino attratto e incuriosito da noi. A meno di 30 metri riconobbi chiaramente una tigre che, ciondolando da una parte all’altra continuava ad osservarci. Pur estasiato dal momento iniziai anche a sentirmi indifeso e in pericolo così che la mia guida mi tranquillizzò dicendomi che la miglior difesa per questi animali è proprio il fuoco stesso.

Sono solito guardare negli occhi le persone e comprenderne la reale preoccupazione e vidi i suoi realmente rilassati così me ne feci una ragione e tornai al mio fuoco, attento però a non dare le spalle alla regina della giungla.

Dopo circa una mezzora, mentre stavamo mangiando, la tigre se ne era andata, ma fece la sua comparsa a circa sessanta metri da noi un gigantesco rinoceronte. Anche in questo caso le paranoie iniziarono ad assillarmi e così decisi di non dormire in tenda ma all’aperto proprio in parte al fuoco, desideravo una situazione più facile da controllare e dove potessi sentirmi maggiormente al sicuro.

Proprio nella spola tra la tenda, dove avevo preso il sacco a pelo, e il fuoco, sentì qualcosa pungermi un piede: un dolore lancinante, fortissimo che non riuscivo a capire cosa fosse. Il piede iniziò a sudare e a gonfiarsi, nel mentre vidi la mia guida con due suoi aiutanti andare alla ricerca di ciò che mi aveva punto: se ne tornarono con in mano uno scorpione. Piccolo in verità, ma pur sempre uno scorpione. E mentre io mi immaginavo già con un piede amputato o a lottare con una improbabile morte loro scoppiarono a ridere dicendomi che gli scorpioni così piccoli sono velenosi, ma per nulla pericolosi. Entro qualche ora anche il dolore ed il gonfiore sarebbero passati.

Così fu, ma gli occhi rilassati e tranquilli delle persone con me si fecero molto più preoccupati quando iniziammo ad udire dei forti rumori provenire dalla giungla: era il gruppo di elefanti. Mi porsero un ramo incandescente e mi dissero di tenermi pronto: se fossero arrivati nelle vicinanze avremmo dovuto innalzare rapidamente la fiamma e tentare di tenerli alla larga agitando il bastone infuocato.

Fortunatamente non si avvicinarono.

Riuscì ad addormentarmi e il risveglio il giorno dopo fu incredibile ed emozionante. Con il sole a sorgere dietro gli alberi la mia guida mi portò nella zona in cui avevamo intravisto la tigre e vi erano centinaia di orme. La consapevolezza di aver trascorso una notte, senza alcuna protezione, in balia solo del fuoco e di un animale letale mi pervase il corpo.

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Il secondo giorno

Smontammo le tende e ci incamminammo. Dietro una collinetta intravidi una figura grande muoversi, ci avvicinammo lentamente e ci ritrovammo faccia a faccia con un gigantesco rinoceronte. Fortunatamente la loro vista è scarsa e così ci rifugiammo vicino agli alberi, pronti eventualmente ad arrampicarci nel caso il buon Rino si fosse accorto di noi.

Ero già al settimo cielo: questi giorni nella giungla del parco nazionale di Bardia mi avevano già riservato emozioni che  da tanto tempo  non provavo.

Mancava il gran finale.

Passammo tutto il giorno appostati in luoghi fitti di vegetazione nella speranza di poter adocchiare il grande felino e poterlo anche fotografare. Ci si muoveva strisciando sul sottobosco cercando di fare il minor rumore possibile.

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Verso il tramonto eravamo fermi tra gli alberi da circa due ore quando la guida mi disse che in venti minuti saremmo dovuti tornare. Tiro fuori una sigaretta dal pacchetto e cerco in tasca l’accendino quando vengo distratto da alcune forme rossicce all’orizzonte. Anziché accendere la sigaretta la appoggio e con la mano prendo la fotocamera, apro al massimo lo zoom e… Eccola lì, placida a prendere il sole dall’altra parte del fiume. Un esemplare femmina, elegante e fiero, a fare da balia ai suoi tre cuccioli. Potenzialmente era la situazione più pericolosa in assoluta, ma eravamo a circa 200 metri di distanza, se ci avesse notato se ne sarebbero semplicemente dileguate.

Invece rimasero li davanti ai miei occhi. Che bellezza, che emozione, che gioia.

La potevo guardare negli occhi, tra noi non c’era altro se non il fiume.

La bellezza, quella pura della natura, la tenacia, le paure e le correnti universali.