Cabo Polonio - Uruguay

Piove e fa freddo.
Molto.
Sento il mio corpo muoversi quasi col pilota automatico. Mi imbarco per l'Uruguay un lunedì mattina. Un classico lunedì mattina come quelli di novembre, di quelli con la pioggia e i primi freddi. Di quelli successivi ad un fine settimana memorabile, passato con persone speciali, magari via, da qualche parte in giro.
La malinconia che ti assale e che non ti abbandona.
Penso a Baires, ai suoi volti, alle persone, ai momenti, alle strade. Ho costantemente gli occhi lucidi.
Arrivo nel tardo pomeriggio a Montevideo, il freddo è tosto e la pioggia inizia ad essere pesante.
Apro il computer e di getto controllo quanto costa un biglietto aereo.

Sì, ho voglia di tornare a casa.

Ci guardo e mi prendo la notte di tempo per riflettere.
Spengo il computer, decido di far conoscenza con i ragazzi dell'ostello.
Ceniamo tutti insieme, qualche birra, tante risate e racconti di viaggi ed esperienze.
Quantomeno la depressione malinconica post Buenos Aires se ne va per un po'. Mi sento come anestetizzato.
Mi sento stanco e svuotato così provo a dormire un po'.
La mattina seguente è un raggio di sole a svegliarmi. Sembra la classica giornata di primavera. Sono di umore migliore rispetto al giorno precedente, ma la malinconia ancora mi pervade.
Decido di ributtarmi in quello che più mi ha affascinato in questi mesi, ovvero scoprire posti nuovi e raccontarli con la telecamera.
Dopo pochi passi sento nuovamente le vibrazioni del cammino, della scoperta, della voglia di "nuovo".
Montevideo è una città bella e accogliente. Il nuovo e l'antico si fondono alla perfezione.
Cammino tutto il giorno per la città e poi, verso l'ora del tramonto, arrivo in una delle sue spiagge. Sorseggio un mate sulla sabbia di fronte all'oceano.
La malinconia non se ne va, ma tuttavia sto pian piano ritrovando le energie per rimettermi in viaggio.
Torno in ostello, apro il computer e vedo la pagina dei voli per l'Italia aperta. La chiudo senza nemmeno pensarci e inizio invece a studiare l'itinerario uruguagio.
Purtroppo devo fare i conti con due aspetti: la stagione è pessima, freddo e pioggia quasi quotidianamente. Inoltre l'Uruguay è, ad oggi, il paese più caro del Sudamerica.
Occorre quindi attraversarlo in pochi giorni e buttarsi in Brasile.
Mi concentro pertanto sulla zona della costa, quella con più parchi naturali e l'opportunità di poter osservare le balene.
Mai in vita mia ho visto una balena e quindi in pochi minuti decido: Cabo Polonio è la destinazione.
Parto subito all'indomani. Il viaggio è corto e nel primo pomeriggio sono già in questa meravigliosa riserva naturale. Dune e foresta di fronte alle onde dell'oceano. Un faro, un piccolo villaggio dove non c'è elettricità, quasi tutto chiuso per la bassa stagione. Tuttavia il paese è una sorta di comunità hippy pertanto i suoi pochi abitanti hanno la giusta vibrazione, la buena onda come si dice qui.
Finalmente, dopo i fasti della città, ritrovo la Pachamama, l'unica in grado di leccare le mie ferite e la mia malinconia.

Ed è proprio così.

Mi perdo un giorno intero tra le dune, quasi a ritrovare me stesso.
Ho ritrovato quella voglia matta di scoperte, incontri, novità.
La sera in ostello organizziamo una jam session, alcuni ragazzi brasiliani suonano divinamente. Bossa nova.
È festa, anche qui, ma diverso rispetto a Buenos Aires, qui esiste solo la voglia di cantare, suonare e ballare.
A mezzanotte decidiamo di andare in spiaggia e qui mi accoglie uno spettacolo grandioso, qualcosa che nella mia vita ancora non avevo visto.
Il plancton fluorescente, tra le onde dell'oceano Atlantico. Scie azzurre e verdi che cavalcano le onde. Sopra di noi solo le stelle.

Ne resto ammaliato, ecco cosa avevo bisogno.
Non c'è niente di meglio che uno spettacolo naturale per ricaricare le batterie. La malinconia se ne va come con un colpo di straccio.
Ora ho davvero voglia di ripartire.
Delle balene neanche l'ombra, tantomeno più a nord nella meravigliosa Punta del Diablo.
Tuttavia ho ritrovato ciò che più è importante: la voglia e la determinazione a tornare a viaggiare, a scoprire, a tornare a casa attraverso la via più lunga, più tortuosa, più appagante.