Human Traction

27 Aprile 2015 - Diario di bordo

È il settimo giorno sul cargo mercantile che mi permetterà di attraversare l’oceano Pacifico fino al Canada. Sette giorni in cui mi sono dedicato a riordinare le idee e ad iniziare la stesura del libro che racconterà ala mia avventura intorno al mondo. La decisione di partire, la partenza stessa, l’Asia, l’agognato arrivo in Australia e poi tutto il resto del mondo.
E proprio ieri mi accingevo a scrivere del Nepal, di quanto l’esperienza nella Kathmandù Valley a supporto dell’associazione no profit italiana Human Traction abbia significato nel mio viaggio e quindi nella mia vita. Mi fermo a pensare ai ragazzi, orfani, che ho umilmente provato ad aiutare. Penso a quanto, nella loro semplicità, loro abbiano invece aiutato me. A capire ciò che realmente è importante nella Vita.


Il rispetto, la fratellanza e la compassione.
Stanotte l’oceano era agitato ancor più degli ultimi giorni dove, vi assicuro, si ballava e non poco. Sapevo che nella notte ci saremmo avvicinati alle coste neo zelandesi e che oggi avrei avuto l’opportunità di disimbarcare per poche ore ad Auckland. Mi sveglio nel cuore della notte perché in cabina si aprivano i cassetti a causa delle onde in tempesta. Controllo il telefono giusto per capire che ore fossero e mi accorgo di avere linea. Dopo sei giorni di silenzio, finalmente la possibilità di comunicare con il mondo.

Purtroppo il mondo mi comunica di una catastrofe.
Un terremoto, fortissimo, ha colpito Kathmandu. Migliaia i morti e incalcolabili i danni. Templi secolari caduti a pezzi. Lì, sui gradini di quei templi dove mi fermavo a contemplare il tramonto a Durbar square non c’è più nulla. Mi sento colpito al cuore, ma fortunatamente i miei fratellini nepalesi stanno tutti bene. L’ostello che Human Traction aveva costruito ha retto, neanche una crepa. Ora è un centro d’accoglienza per il villaggio. Sì perché tantissime case del piccolo villaggio sperduto in cui ho vissuto per 100 giorni invece non hanno retto la furia della montagna, della terra. Tantissime le famiglie sfollate che versano in condizioni disperate.
Le comunicazioni sono difficili. Il pozzo dell’orfanotrofio e i pannelli solari aiutano a fornire acqua ed energia. Il campo da calcio che quest’autunno aveva regalato il più gran sorriso ai ragazzi è diventato il loro letto, al freddo sotto la pioggia.
Aver aiutato, anche se solo in minima parte, la realizzazione di tutto questo mi rende orgoglioso e piccolissimo allo stesso tempo.
Mi sento piccolissimo perché ho il Nepal nel cuore, un paese che mi ha accolto come uno di loro e come loro mi sento oggi, solo più fortunato. Ho un debito verso quel popolo e i miei fratellini. Vorrei andare ad aiutarli, ma purtroppo la burocrazia non me lo permette. Posso scendere dalla barca, ma non ho un visto per poter uscire dal paese attraverso un altro mezzo di trasporto che non sia la nave cargo su cui sto viaggiando. L’unico modo che ho di aiutarli, al momento, è solo sensibilizzare quante più persone possibili. Mi dicono che, come sempre, in Italia arrivano notizie falsate e distorte sulla reale situazione.
Invito chi non l’avesse ancora fatto a mettere il like sulla pagina Human Traction dove verranno costantemente pubblicati aggiornamenti. Chi volesse, ovviamente, oggi ha un motivo in più per sostenerli, anche economicamente.
Questo il link http://www.humantraction.org/#!servizi3/c18pr

Forse riuscirò nuovamente a connettermi dalle Fiji, tra circa una settimana, diversamente potrò avere notizie solo tra una ventina di giorni dal Canada. Saranno giorni ancora più lunghi rispetto a quello che potevo immaginare.

Il mio pensiero va a voi, rauti brothers, vi stringo forte in un abbraccio grande quanto l’oceano che sto attraversando. Abbraccio che estendo a tutto il popolo nepalese, a persone umili e gentili che mi hanno fatto sentire a casa nelle loro case.
Case, molte delle quali, oggi non ci sono più.

Namastè.

#HelpNepal #PrayForNepal