Cattedrale di San Basilio

Sul treno che da Varsavia mi ha portato a Mosca credo di aver assaggiato per la prima volta l’esperienza di un treno dell’ Est, sono partito alle 17 e l’arrivo era previsto per le 11 del mattino seguente. Mi sono trovato nello scompartimento con un ragazzo moldavo e con Andriy, un signore russo che si è da subito mostrato una bravissima persona. Andriy è un pendolare e fa spesso la tratta Varsavia – Mosca. Ingegnere, lavora tra Polonia, Germania e anche Italia. E’ stato pertanto facile fin da subito far conversazione, pur con le difficoltà del caso: i russi infatti, oltre che scrivere in un altro alfabeto, il cirillico, non parlano una parola di inglese. La notte è passata bene, Andriy mi ha offerto una cena nel vagone ristorante a base di una Salamka Sbornaje, una tipica zuppa della zona, e di una birra. 

 

Durante la notte sono stato svegliato da forti rumori metallici e mi sono ritrovato dentro un’officina poco dopo il confine Bielorusso: stavano cambiando le ruote del treno! Sì perché i binari russi son diversi dal resto del mondo e allora ogni volta che si entra in Russia o si esce gli stessi treni devono essere modificati.
Mi sveglio e son finalmente a Mosca, l’ultimo crocevia prima dell’Asia e la sua porta naturale: gli Urali. Bevo un caffè con Andriy e provo ad avventurarmi nella metropolitana sovietica: tutto è scritto in cirillico e capirci qualcosa è davvero difficile. Fortunatamente mi ero scritto sulla mano il nome della stazione in cui dovevo scendere in cirillico e ho potuto chiedere facilmente informazione. La metropolitana di Mosca sembra un mondo a parte: l’architettura è monumentale e ogni stazione sembra nascondere tesori. La gente del luogo prova sempre ad aiutarmi nonostante le evidenti difficoltà linguistiche. Arrivo in ostello e ancora una volta trovo una grande famiglia: si tratta di un appartamento in centro a Mosca che può ospitare oltre 40 ragazzi e ragazze. Stiamo stretti, ma l’atmosfera è di quelle giuste. C’è un grande pianoforte in salotto e bellissimi lampadari d’epoca. L’aria è viva e frizzante, faccio subito conoscenza con due ragazzi che il giorno dopo partiranno per la Transiberiana, ci scambiamo i contatti e ci auguriamo di rivederci ad Irkutzk: io partirò due giorni dopo.

Il primo problema da risolvere è proprio la Transiberiana: da quale stazione partirò, come prenoterò i biglietti e come organizzarsi in generale. Fortunatamente una ragazza dell’ostello parla russo, ma soprattutto sa scrivere in cirillico, così dopo un rapido controllo su internet mi faccio scrivere un biglietto da consegnare alle casse della stazione.
E via di nuovo per la strada: raggiungo la stazione centrale e provo a prendere i biglietti, ma mi chiedono il passaporto. Cerco nello zaino, nulla da fare, l’ho lasciato in ostello. Ok, armato di sana pazienza, torno in ostello, prendo il passaporto e poi di nuovo in stazione. Fortunatamente mi accorgo che il biglietto che stavo per prendere al primo tentativo era sbagliato perchè il treno sarebbe partito il giorno prima di quando avevo deciso e quindi l’inconveniente del passaporto mi ha evitato un clamoroso errore. Il treno che ho scelto non ha vagoni in terza classe quindi scelgo la seconda e, col biglietto in mano e vari sbattimenti alle spalle, mi accingo finalmente a esplorare Mosca. Alloggio vicino alla zona più viva, l’Arbatskaya che mi dicono cuore della vecchia Mosca, piena di locali e ristoranti. Ci passo la serata, ma non mi piace granché perché troppo turistica.
Vado a letto un po’ frastornato dalla giornata e soprattutto mi chiedo come fare a comunicare viste le evidenti problematiche linguistiche.

Il sole splende al mio risveglio e c’è una temperatura eccezionale, solo due giorni prima era nevicato.
Scendo in strada e tutto è chiuso: è il Victory Day, una sorta di nostro 25 Aprile, ma di gran lunga più maestoso. In strada, la parata militare: sfila l’esercito russo con tanto di enormi carri armati e missili. L’impressione è che la Russia voglia sempre mostrare i propri muscoli, d’altronde le ultime vicissitudini in Ucraina confermano tutto questo. Finita la parata militare mi appare la Russia e soprattutto i russi per quello che sono: un popolo in festa, per le strade si balla e si canta, si mangia e si beve. Giro Mosca con Alex, un ragazzo della città, che mi porta in alcuni posti tradizionali che lui chiama “horrible place”. Beviamo vodka, rigorosamente soffiando fuori prima un bel respiro, e mangiamo squisite pietanze tipiche a base di salmone, caviale rosso (quello di salmone, più economico), sardine e baccalà secco, ma anche salsicce e altri tipi di carne che non si sa bene cosa fosse. Mi porta in riva al fiume per poi dirigerci verso Gorky Park, l’equivalente di Central Park per New York. Oggi è un giorno di festa e tutte le famiglie sono al parco, inoltre il clima aiuta: che bello! Che colori! Che energia!

C’è musica dappertutto, in metropolitana trovo quattro ragazzi che suonano alla grandissima, la gente si ferma e applaude, io registro per i video. Rientro sfinito in ostello e i ragazzi mi chiedono se mi va di uscire con loro, penso che è una settimana che viaggio senza soste e che sono cotto, ma è venerdì sera e accetto di buon grado. Scopro così Mosca di notte ed è una gran bella scoperta: in riva al fiume ci sono tantissimi locali, noi entriamo al Rolling Stone, dove a dominare la serata c’è sana musica rock ed una gran bella compagnia: sconosciuti, ma per una sera tutti amici. Tedeschi, polacchi, russi, ucraini e l’italiano! Le ragazze sono bellissime, ma non si riesce neppure a presentarsi, nessuna parla inglese, comunico a gesti e sorrisi, la serata trascorre benissimo, mi sto divertendo come un pazzo!
Gran bella serata, sono ancora più stanco, ma punto comunque la sveglia presto, convinto dalla prospettiva di tre giorni in treno per riposare e raccogliere energie e idee. La sera alle 23.40 salirò sul treno che mi porterà a Irkutsk, in Siberia.

Purtroppo la giornata non è il massimo, nuvoloni all’orizzonte e qualche grado in meno, ma mi metto in moto: nel mio ultimo giorno a Mosca devo ancora visitare il Cremlino e la maestosa Piazza Rossa.

La cattedrale di San Vasily è impressionante con le sue torri che sembrano di gelato, marzapane e canditi, come appena uscita dal film di Tim Burton “La fabbrica di cioccolato”. Quelle cupole colorate sono meravigliose, lasciano letteralmente a bocca aperta.

Mi fermo al supermercato per fare scorta di viveri per i tre giorni di Transiberiana e rientro a casa per fare i bagagli.

Da domani smetterò finalmente di andare di corsa e potrò assaporare sempre di più il percorso. Purtroppo l’Europa e Mosca sono molto dispendiose e quindi devo starci il meno possibile per poter rispettare il mio budget che in questi giorni, pur stando a stecchetto, ho sforato alla grande. Conto tuttavia di rifarmi sia in Cina che in Nepal, dove con ben meno di 15 euro al giorno si vive bene.
Con la spesa sulle spalle lo zaino pesa ancora di più, ma è sempre meno dura portarlo a spasso, la mia vita vagabonda sta sempre più prendendo piede e il mio sorriso non accenna a diminuire, tutti gli sbattimenti che incontro sul cammino sembrano dei piacevoli passatempi e la sensazione di libertà che inizio a respirare sta sempre più facendosi sentire. Il cielo è grigio, come a casa, ma non riesco ancora a ripensare alla mia vecchia vita, fatta di ufficio, aperitivi, cene, tutti i giorni sempre uguale: mi appare lontana, distante molto più dei chilometri che mi separano da casa.

Ora parto verso l’Asia, cui mi separano settantasette ore di treno e cinque diversi fusi orari, da li inizierà una nuova avventura.