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L'India e il diabete: un rapporto difficile

Mumbai

Tre mesi in India. Tanto è durata la mia avventura in questo meraviglioso paese. Spiritualità orientale e tanta energia positiva, culture e religioni diverse, così come cibi e abitudini.
Ma attraversarla da est a ovest e poi da nord a sud ha significato, per la prima volta in questa mia avventura, entrare in contatto con persone diabetiche. Il diabete, soprattutto quello di tipo 2, qui è diffusissimo.

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Che talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai

Back in Nepal

"Il coraggio era anche quello.
Era la consapevolezza che l'insuccesso fosse comunque il frutto di un tentativo.
Che talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai."



A volte occorre tornare sui propri passi. No, non sto pensando a tornare a casa.
A volte le scelte che si compiono pesano tantissimo sulla propria vita e le proprie esperienze. No, non sono pentito della scelta fatta lo scorso aprile.

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La felicità non è uno stato a cui arrivare, ma un modo di viaggiare

Varanasi


Non dimenticherò mai i tramonti indiani.
Sono diversi da qualunque altro tramonto. L'aria è evanescente e si colora di rosa per circa mezz'ora, prima di voltare all'arancio e al rosso. Probabilmente il paesaggio e le condizioni climatiche dettano questa atmosfera. È possibile vederli ovunque, eccetto nelle isole e in montagna. I miei preferiti sono stati quelli visti attraverso le grate dei finestrini dei treni. Quando attraversavo le campagne, tra palme e risaie. Le donne al lavoro, cariche sulla testa. I bambini a giocare sui binari ad esplodere di gioia e saluti quando il treno passava.

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Seconda stella a destra, questo è il cammino...

Isole Andamane

Seconda stella a destra, questo è il cammino…

Quando ero piccolo una delle mie favole preferite era quella di Peter Pan. Non tanto per la figura in sé dell’eterno ragazzo, quanto piuttosto per l’immacolata Isola che non c’è. In molte storie d’infanzia esistono luoghi di questo tipo: il paese dei balocchi, oppure la fabbrica di cioccolato, o ancora le case di zucchero e marzapane. Nulla aveva mai attratto la mia immaginazione come l’isola di Capitan Uncino.

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La Varanasi del sud

Gokarna

Centocinquanta giorni. Tanti ne sono passati dal giorno della mia partenza. Da Piacenza, piccola città emiliana fino a Mumbai, metropoli da 17 milioni di persone sulla costa ovest dell’India. Attraverso mezza Europa fino in Russia. E poi la Mongolia e la Cina, il Tibet e il Nepal. Dalle steppe asiatiche alle montagne himalayane, desertiche sul versante tibetano, verdi e lussureggianti su quello nepalese. E poi la Ganga, il suo scorrere lento e sacro, la giungla e le risaie.
Finalmente dopo tanta terra e polvere sono arrivato ad un passo dal mare, di fronte all’oceano indiano.

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L'eternità qui, come scintilla

Ellora


Arrivo a Mumbai all'alba, dopo un viaggio interminabile da Udaipur, passando per Indore. Circa due giorni e mezzo di viaggio per essere catapultato nel sud dell'India.
Mumbai è gigantesca, sono circa 17 milioni i suoi abitanti. Le strade sono pulite e qua e là si intravedono vecchi palazzi coloniali.

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Noi camminiamo attraverso noi stessi, incontrando ladroni, spettri, giganti, vecchi, giovani, mogli, vedove, fratelli adulterini, ma sempre incontrando noi stessi

Udaipur with Lokesh


Esistono persone che hanno poco o nulla con cui vivere. Lokesh è una di queste persone. È un artista nella città di Udaipur, famosa per una particolare tecnica di pittura in miniatura. Con pennelli fatti in peli di scoiattolo disegna leggero con piccoli tocchi finissimi. È smilzo e ha occhi grandi e malinconici.

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THE WILLING SUSPENSION OF DISBELIEF FOR THE MOMENT

Bikaner

Il Rajasthan è una delle aree più famose di tutta l'India. Sono arrivato qui all'alba dopo l'ennesimo treno notturno.
L'impressione è stata subito di stupore. Visito dapprima Pushkar, un piccolo villaggio sulle sponde di un lago sacro ricca di bellissimi templi e carica di atmosfera bohémienne. Il paese è piccolo, non ci sono tuk tuk e finalmente pochi clacson la sera. È stato divertente perdersi in quelle stradine diroccate. Ho potuto così godere di templi e botteghe artigiane come gioielli nascosti.

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al confine con il pakistan

Pakistan Border

Al confine tra India e Pakistan, tutte le sere al tramonto, va in scena uno spettacolo che sembra di essere in curva allo stadio! Non ho capito se alla fine si amano o si odiano, ma di sicuro è una delle cose più strane che abbia mai visto!
Check it out!

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Quello che non hai mai visto lo trovi dove non sei mai stato

Amritsar

Sono ad Amritsar, nello stato del Punjab, al confine con il Pakistan. La città è sacra alla popolazione Sikh e qui vi è un posto magico e spettacolare: il Golden Temple. Un tempio dorato e galleggiante in mezzo ad un lago d'acqua sacra chiuso da mura in marmo bianchissimo. Pulito e puro, un immagine da lasciare senza fiato.
In tutto il Punjab vi è la più grande concentrazione di credenti Sikh al mondo.
Un Sikh lo riconosci subito: barba folta, baffi all'insù, turbanti colorati in testa. Sono eleganti e hanno classe oltre a stile. Portano sempre con sé un coltello e un pettine, mentre hanno al braccio un braccialetto di metallo e indossano grossi mutandoni.

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Comunque scegliate di arricchire la vostra esperienza di un luogo, provate sempre cose nuove. E continuerete ad imparare.

Rishikesh

1968, Rishikesh, Uttarakhand, India.
Tutto il mondo e la contro cultura giovanile di quegli anni guardava con attenzione a questa località dispersa ai piedi dell'Himalaya sulle rive di una Ganga poco più che un torrente.
I Beatles, all'apice della loro carriera, avevano deciso di isolarsi dal mondo per quattro mesi ritirandosi nell'Ashram del guru Maharishi Mahesh Yogi. Si conosce oggettivamente poco di quell'esperienza intima e introspettiva dei Fab Four. Come sempre girano storie e leggende.

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Andare dal barbiere in India...

Baba the cosmic barber

Sono partito che non volevo tagliarmi nè i capelli, nè la barba per tutti i 1000 giorni di viaggio...

Ma non potevo privarmi dell'esperienza di Baba, the Cosmic Barber a Pushkar.

Date un'occhiata!

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Una lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo

Taj mahal

Qui in India esiste un ottima app per lo smartphone che permette di visualizzare in tempo reale la disponibilità dei posti sui treni e procedere direttamente all’acquisto. Comodissima e utilissima. Peccato che per acquistare il treno che da Khajuraho mi portasse ad Agra ha avuto diversi problemi e per ben tre giorni a Varanasi non sono riuscito a completare l’acquisto. Solitamente viaggio in classe sleeper, la più economica, quella che permette di stare a diretto contatto con la gente del posto e per un viaggio di circa otto, dieci ore si spende meno di trecento rupie ovvero circa tre euro. Quella volta mi è andata male, perché quando finalmente son riuscito a prendere i biglietti la classe sleeper era esaurita e così ho fatto l’upgrade alla seconda con aria condizionata. Mi ero un po’ innervosito al riguardo perché costa quasi il triplo, tuttavia ho imparato a prendere tutti questi inconvenienti come piccoli segnali. In Russia, per esempio, grazie ad un inconveniente simile ero riuscito ad evitare un errore madornale che mi avrebbe fatto perdere soldi, tempo e visto di ingresso per la Mongolia.

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Ogni vita è una moltitudine di giorni, un giorno dopo l'altro

Kajuraho Temples

Il Kāma Sūtra è un antico testo indiano considerato come l'opera più importante nella letteratura sanscrita sull’amore.
Tratta dell’amore, del rapporto tra uomo e donna, del benessere, del senso etico e sì, anche delle unioni sessuali. Per la stragrande maggioranza della popolazione è unicamente un libro sulle posizioni, peraltro alcune veramente difficili, durante l’atto sessuale. Molti ne parlano e pochissimi hanno letto anche solo il libro secondo di questa vastissima opera, ovvero il libro dedicato proprio all’enciclopedia dei piaceri del sesso.

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Vedi mai una stella cadere e non ricordi cosa desiderare?

Varanasi

Varanasi.

Varanasi è sporca, sudicia e lurida.
Trovi più mucche che cani randagi per strada e le scimmie sono piuttosto aggressive.
I topi sono dappertutto e alcuni Sadhu ti mostrano cobra in cestini di vimini che tengono solitamente per terra, dove ci puoi tranquillamente inciampare.

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Dove il mare non scorre sono le acque del cuore che spingono le loro maree

Pokhara

Davanti a me enormi montagne verdi che scavano la valle che porta al lago di Pokhara. Sono a circa 2400 mt di altezza a Panchasse, uno sperduto villaggio di antiche case di montagna in fango e sassi che fa da base all’ultima salita per il tempio da cui si dovrebbe ammirare tutta la zona himalayana intorno all’Annapurna.
Una delle cose che volevo fare nella mi vita prima o poi era provare a vivere anche solo qualche giorno in un paese di montagna antico con quelle vecchie case in sassi senza comfort, in armonia con la natura. Ora che sono ai piedi dell’Annapurna sono riuscito a realizzare anche questo piccolo sogno nel cassetto. Mi addormento sapendo che all’alba mi aspettano tre ore di cammino, ma pensando alla mia terra, all’alta val Trebbia e alla val d’Aveto dove si possono trovare ancora villaggi simili, ma ormai morti. Trovo spunti della mia terra ovunque ultimamente e questo mi fa sentire terribilmente a casa, nel mondo.

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Ognuno di noi appartiene all'onda del mare della vita

Human Traction

Voglio raccontarvi una storia.
Sette anni fa una bambina nepalese è stata adottata da una donna europea, ora vivono felici e contenti e già questa è una bella storia.
Dall’altra parte del mondo, in Nepal, quattro anni fa una ragazza carica di tante speranze sta prestando servizio di volontariato in un orfanotrofio di Kathmandu. Un giorno uno degli orfani le si avvicina e le chiede se sa mantenere un segreto.

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E bevitelo un the salato al latte di Yak! Tashi Delek!

E bevitelo un the salato al latte di Yak! Tashi Delek!

A cura della Dr.ssa Alessandra Bosetti Dietista Clinico Clinica Pediatrica – A.O. Luigi Sacco, Milano La cucina Tibetana è influenzata dai paesi vicini, India, Pakistan, Cina e Nepal, ma è meno saporita, più leggera e meno varia. Uno dei motivi è soprattutto la scarsa produzione di materie prime in quanto il territorio non è bagnato dal mare, ed è quasi tutto composto da montagne sopra i 4000 mt. Un altro motivo è il credo religioso: in questo territorio sono professate tre fedi religiose: il Buddismo, l'islam e l'induismo. Anche la gastronomia del Ladakh, la parte dell'altopiano detta “Piccolo Tibet” , a nord dell'India è sobria e monotona. La dieta è paragonabile a quella delle nostre valli agli inizi del novecento quindi pasti sono semplici e frugali, composti da cereali, carne e latte, mentre le verdure non si trovano facilmente e sono solitamente importate dalla Cina. L'elemento che non manca mai è la Tsampa, farina di miglio tostata impastata con acqua e zucchero, che viene mangiata ad ogni ora, spesso accompagnata da thè salato al burro di yak. L'alimento base della popolazione tibetana è infatti l'orzo, l'unico cereale che può crescere in condizioni estreme di altitudine e siccità. Dall'orzo tostato si ricava appunto la tsampa, una farina dal sapore che ricorda la nocciola e può essere consumata in polvere, aiutandosi con le mani, oppure impastata con l'acqua per ottenere grosse pallem ripassate nella farina fresca per evitare l'essicazione e facili da conservare nella bisaccia per il viaggio. La tsampa viene utilizzata sia per confezionare la pasta, sia per la preparazione di bevande, con l'aggiunta di zucchero, latte, yogurt, oppure mescolata nel te e nella birra locale. Il Tè Tibetano, chiamato Bo Cha è costituito da foglie di tè verde che vengono fatte bollire a lungo, solo che l’infuso così ottenuto viene versato in una specie di zangola assieme a sale, bicarbonato, latte e burro di dri, la femmina dello yak. Il tutto viene mescolato energicamente in modo che il burro fonda e si emulsioni con il liquido. Solo allora il tè viene riversato in un bollitore che lo tenga caldissimo. Il risultato è una bevanda brodosa, molto grassa e salata, che lascia una patina di unto sulle pareti interne della bocca. I Tibetani lo offrono a qualsiasi ora e per qualsiasi occasione, riempiendo le tazze fino all’orlo, e non appena se ne beve qualche sorso si affrettano a versarne di nuovo. Aggiungono del nuovo tè bollente per mantenere la temperatura, poiché se si raffredda troppo il burro si rapprende formando dei grumi rancidi in superficie. La tradizione vuole che gli ospiti non bevano mai tutto il tè della tazza ma ne lascino un po’ per far capire al padrone di casa che ne vogliono ancora. Quando ne hanno abbastanza possono buttare il tè rimasto in una coppa apposita sul pavimento, ma questo deve avvenire non prima della terza o quarta tazza, altrimenti si è considerati scortesi. Il Bo Cha (questo è il nome della bevanda in lingua tibetana) si beve non solo in Tibet, ma in tutte le regioni trans-himalayane a cultura buddista come il Nepal, il Bhutan e in India del Nord. Solo qualche anno fa è stata introdotta la coltivazione dei legumi, nei territori del nord, dove la produzione resta tuttavia molto limitata. Molto importanti sono i latticini come formaggio, burro e yogurt ottenuti dal latte di yak, il bovino dal pelo lunghissimo, che pascola nelle valli tibetane. La pasta, thenthuk, sotto forma di noodles o “tagliatelle”, si trova cucinata con verdure o carne, cosi' come i momo (ravioli ripieni al vapore). MOMO: Calories 4417 Carbs 55 Fat 14 Protein 18 Sodium 1,7 Sugar 3 La carne si trova secca o bollita, spesso speziata e piccante, e se al turista viene offerto coda o lingua di Yak è considerato un grande onore! La frutta si trova nei mercati ma è poco consumata cosi come i dolci. Un discorso a parte merita il consumo di carne in quanto nell'area Tibetana convivono tre fedi religiose, con diverse pescrizioni alimentari: induismo; buddismo, islam. La carne è solitamente esclusa dai pasti per motivi religiosi. Gli indù adorano mucche e tori come divinità e considerano sacri tutti i loro prodotti, perciò seguono un rigoroso regime vegetariano, che essi considerano segno di purezza. I buddisti si astengono dalla carne, benchè non vi sia espresso divieto perchè professano il rispetto di ogni forma di vita ne giustificano l'uccisione solo per necessità. Alcuni buddisti non mangiano prodotti di origine animale, incluse uova e latte. Altri evitano le cosidette “cinque spezie”, aglio , cipolla, erba cipollina, scalogno e porri, perchè temono che il loro forte aroma possa eccitare i sensi e ostacolare la liberazione o il controllo dei desideri, mentre il divieto islamico di mangiare carni impure (maiali e derivati), animali morti naturalmente e animali acquatici che vivono anche fuori dall'acqua (granchi e anfibi), consente di cibarsi solo di carni pure, ottenute con la macellazione di rito mussulmano perciò i pochi macellai tibetani sono musulmani, tra le carni sono saltuariamente cucinati il montone, il pollo e lo yak, quest'ultimo solo per celebrare particolari eventi. Una specialità è la carne essiccata di agnello o di yak, tagliata e lasciata essiccare vicino ai villaggi.

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When you have everything, you have everything to lose

Human Traction

Provare a vivere con poco, sperduto in un villaggio di poche centinaia di anime nella valle di Kathmandu. Seguire il naturale scorrere delle giornate, dall’alba al tramonto. Vedere crescere rigogliose piantagioni di riso, mais e pomodori. Aspettare il monsone con gli abitanti del luogo, fastidioso quanto necessario per la sopravvivenza di tutta la zona. Tutto verde intorno e all’orizzonte nuvole scure, cariche di cattivi presagi, ma così importanti. Come una metafora della vita, occorrono cupi periodi di pioggia per poter godere poi dei campi rigogliosi.
Niente tv, niente acqua calda, energia che va e viene durante la giornata a seconda di quello che decide la capitale, e poi dormire su materassi nepalesi per terra, i quali sono poco più che delle coperte imbottite.

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L'Himalaya: Tibet e Nepal

Mt Everest

Sono arrivato a Lhasa, la capitale del Tibet dopo due giorni di viaggio in treno da Chongquing. In questi due giorni mi è capitato di assaggiare diverse specialità cinesi, in quanto, essendo l’unico occidentale a bordo del vagone, non potevo in alcun modo rifiutare. Mi è capitato un episodio divertente: la prima sera mi viene offerto un uovo del centenario e l’imbarazzo è enorme poiché ha un aspetto disgustoso: è nero, con il tuorlo verde scuro. Si tratta di un uovo che viene preparato attraverso un particolare processo di fermentazione che impiega circa tre mesi in un composto di acqua, sale, carbone, e ossido di calcio. Ecco, ora immaginatevi la scena in cui mi viene insistentemente offerto quest’uovo che è una vera e propria primizia ai loro occhi. Ma la comunicazione è difficilissima e in qualche modo mi invento che non mangio uova perché mi fanno stare male. Un paio d’ore dopo un altro viaggiatore del vagone viene ad offrirmi una specie di omelette dall’aspetto davvero invitante, accetto di buon grado se non che l’altro passeggero, quello dell’uovo nero, mi impedisce di assaggiarla memore del fatto che non potevo, stando alla mia versione precedente, mangiare uova. Rispetto ai tre giorni in Transiberiana la differenza è proprio questa, non riesci a pianificare pranzi e spuntini in quanto questi ultimi sono dettati dai tuoi compagni di viaggio. Ho pertanto effettuato diverse iniezioni di insulina volte a correggere di volta in volta pranzo dopo pranzo, spuntino dopo spuntino. Il secondo giorno di viaggio vengo svegliato da un gran trambusto: il treno, chiamato anche il “treno delle nuvole” stava per oltrepassare il punto più alto della tratta ferroviaria ad oltre 4700 metri di altezza. I miei compagni di viaggio erano esaltati come fossero allo stadio. Il paesaggio fuori non rende assolutamente l’idea in quanto sembra una pianura simile a quella mongola, ma anziché verde, era gialla e marrone chiaro. L’Himalaya sale piano, si assesta su altopiani e poi arrivano i giganti, vette che superano ampiamente i 6000 metri, con quelle più alte come l’Everest a sfiorare i 9000 metri. Ti accorgi dell’altitudine grazie alle nuvole: qui il cielo è terso, finalmente l’inquinamento della Cina continentale è alle spalle, le nuvole sono bianche, grasse e bassissime. Sembra quasi di poterle toccare e allora sì che ci si sente in alto. L’altitudine si sente anche una volta arrivati a destinazione: il treno è pressurizzato mentre Lhasa è situata a 3650 metri sul livello del mare e il respiro è leggermente affaticato. Qui in Tibet vi è il rischio di sentirsi male a causa del mal di montagna (AMS o acute mountain sickness): si presenta solitamente con cefalea, nausea e vomito. Il diabete ovviamente era un’altra seccatura in quanto non mi era mai capitato di trascorrere una decina di giorni a queste altitudini. Avevo tuttavia ottenuto tutte le rassicurazioni del caso da parte del mio dottore e mi sono preoccupato di effettuare quanti più controlli possibile, tra questi una visita cardiologica prima di partire dall’Italia. Il diabete tuttavia non mi ha dato alcun problema, i valori erano nella norma. Purtroppo il sistema di monitoraggio continuo della glicemia l’avrei ricevuto solo una volta arrivato in Nepal, e in questi giorni tibetani sarebbe stato molto utile averlo con me per monitorare le reazioni all’altitudine. Il Tibet è permeato di un’aria di sacralità che si respira ovunque per le strade: monasteri, monaci, pellegrini ovunque. Mi ha ricordato tanto, per atmosfera, la città del vaticano e quel suo essere nel cuore di Roma, diversa da Roma. Ho passato i primi giorni a Lhasa, per acclimatarmi, e poi mi sono diretto verso il gigante per antonomasia: l’Everest. A Lhasa si mangia bene, il cibo tibetano è influenzato dai paesi vicini, India, Pakistan, Nepal e Cina, ma la cucina è meno saporita, più leggera e meno varia di quest’ultima. Uno dei motivi è soprattutto la scarsa produzione di materie prime in quanto il territorio non è bagnato dal mare, ed è quasi tutto composto da montagne sopra i 4000 mt. La dieta è quindi paragonabile a quella delle nostre valli agli inizi del novecento: i pasti sono semplici e frugali, composti da cereali, carne e latte, mentre le verdure non si trovano facilmente e sono solitamente importate dalla Cina. Ovviamente di tutta questa semplicità ne ha giovato il diabete con valori sempre nella norma privi di picchi eccessivi. L’unico problema si poneva con il cosiddetto Bo Cha, il Tè Tibetano, che è costituito da un infuso di foglie di tè verde che viene versato in una specie di zangola assieme a sale, bicarbonato, latte e burro di dri, la femmina dello yak. Il tutto viene mescolato energicamente in modo che il burro fonda e si emulsioni con il liquido. Solo allora il tè viene riversato in un bollitore che lo tenga caldissimo. Il risultato è una bevanda brodosa, molto grassa e salata, che lascia una patina di unto sulle pareti interne della bocca, dal sapori per niente gradevole. I Tibetani lo offrono a qualsiasi ora e per qualsiasi occasione, e diventa spesso impossibile rifiutare una bevuta. Probabilmente a causa del burro presente, la glicemia spesso si alzava e dovevo insistere molto per non berne più di una tazza creando un piccolo imbarazzo che prontamente risolvevo spiegando la situazione con un sorriso, la migliore forma di comunicazione. Il giorno del mio compleanno ero a 5400 metri di altezza e mi sono regalato una delle viste più emozionanti di sempre, l’Everest: che imponenza e quanta forza in quella montagna avvolta dalle nubi che da un lato incute timore e rispetto, dall’altra voglia di sfidarla e conquistarla. Non è tuttavia nei miei piani salire oltre il campo base situato a 5400 metri sul livello del mare così il giorno dopo mi dirigo verso il confine nepalese: il primo confine che finalmente attraverserò a piedi su un piccolo ponte, il “ponte dell’amicizia” . Questo è un passaggio importante nella mia avventura poiché è il primo visto fatto direttamente in loco dopo aver oltrepassato i confini precedenti sempre su di un treno. A Kathmandu non si risente più del problema dell’altitudine, l’aria è più umida e siamo in attesa del monsone. Le montagne intorno sono verdi e lussureggianti, qui la verdura è ampiamente coltivata, il settore primario la fa da padrone all’interno dell’economia nepalese. Le verdure, la frutta, i legumi, i cereali ed il riso sono diventati i miei compagni di viaggio in quanto da quando sono arrivato in Nepal sto seguendo mio malgrado una dieta vegetariana. Ho infatti deciso di investire un mese del mio viaggio intorno al mondo per aiutare un’associazione a prendersi cura di un orfanotrofio nella Kathmandu valley, a circa due ore dalla capitale. I miei compagni di casa son vegetariani e nel villaggio la carne, di qualunque tipo, è un lusso tale che nessuno la vende. Inoltre ceno spesso in orfanotrofio con i bimbi e qui si mangia sempre solo ed esclusivamente Dal Bat, ovvero riso bollito con verdure e una zuppetta. Per ora il diabete ne ha tratto enormi benefici, ho ridotto le unità di insulina e i valori glicemici, ora monitorati nuovamente dal sistema di monitoraggio continuo speditomi dall’Italia, confermano buona stabilità e intervalli nella norma. Ovviamente ciò non è dipeso unicamente dall’abbandono di carne, quanto dallo stile di vita sano in campagna e dalla dieta basica ricca di cereali e verdure. Cerco di non farmi mancare legumi, ottima fonte di proteine, uova e un po’ di formaggio. Qui ci si saluta con “Namastè” il cui significato letterale è “saluto (mi inchino a) le qualità divine che sono in te”: mi sembra un saluto bellissimo e quindi vi lascio così prima della prossima avventura in India. Namastè mondo! Leggi l'articolo completo su Diabete.com Guarda i video su Youtube: Lhasa L'appuntamento con l'Everest Kathmandu Human Traction Il trekking di fronte all'Annapurna

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